Gli orfani randagi dell’Unione sovietica milioni di bambini “senza tutela” da sterminare

A Indro Montanelli suscitavano commozione. In un articolo del 1946 adotta proprio la parola russa per accennare alla vita randagia dei bambini italiani che, alla fine della guerra, battono la strada e solo da essa ricavano i mezzi di sussistenza. Sono i "senza tutela", traduzione letterale di "Besprizornye", titolo del saggio di Luciano Mecacci, già ordinario di Psicologia all'Università di Firenze e slavista, uscito ora per Adelphi (pagg. 274, euro 22) che si occupa del fenomeno circoscrivendolo nel periodo sovietico che va dagli anni 1917 al 1935, quando un decreto ne sancisce la fine.
Ma quello che coinvolge migliaia di bambini orfani in Italia, in Unione Sovietica, grande approssimativamente 80 volte il nostro Paese, è puro orrore, orrore duplice. Per il loro numero stratosferico, calcolato all'incirca in 7 milioni, e per il sentimento di ripulsa che provocano. Pietà l'è morta, o almeno è residuale, in una popolazione abbruttita e stremata da Rivoluzione, guerra mondiale, guerra civile che si accavallano, con conseguenti ondate di bambini rimasti soli o abbandonati durante le carestie, a cui si aggiungeranno negli anni 30 gli orfani dei "nemici del popolo".
Si narra che nei ristoranti i besprizornye trovassero la peggiore accoglienza: chi stava mangiando preferiva gettare gli avanzi a un cane piuttosto che a loro. Distinti signori in treno, con gusto, li prendono a bastonate uccidendoli a botte. La morte era un fatto così usuale da passare inosservata. Un colto e galante viaggiatore esprime il sentire generale: «L'unica soluzione, per lo Stato, è sterminarli tutti». Secondo l'opinione comune, all'origine del degrado non vi erano spaventose condizioni materiali, bensì un "vizio in corpo". Bambini, dai pochi anni ad adolescenti, ottava piaga d'Egitto, razziatori come sciami di locuste, depravati e rotti a tutto pur di sopravvivere in un mondo incanaglito. Vagano di città in città aggrappati sui tetti dei treni e tra i telai, affamati, coperti di pidocchi e di stracci. Ogni tanto, uno su mille viene acciuffato e mandato negli orfanotrofi, più che altro lager di bambini umiliati e offesi, da cui solitamente scappano.
Transumavano con l'istinto delle mandrie: al primo sole partivano alla volta del Sud, la Crimea, il Caucaso, Taskent. Finita l'estate svernavano nelle grandi città, ciclicamente. I piccoli randagi spesso avevano anche dimenticato nome e provenienza, ma in compenso erano professionisti del crimine. A seconda degli ambienti sviluppavano tecniche sofisticate, nei loro rapporti innestavano sulla ferinità dell'uomo delle caverne una rigorosa organizzazione piramidale. Dove non è istinto, è pedissequa riproposizione della cruda realtà, altro che socialismo.
L'accattonaggio ha i suoi canoni, una rete di affiliati e un capo con la sua femmina-prostituta, le piaccia o meno. Una banda non può invadere il territorio di un'altra. Ogni menomazione, ogni età, ogni caratteristica, vuoi etnica, vuoi fisica, vuoi caratteriale, ogni minima capacità sarà messa a rendita. L'Unione Sovietica è disseminata di una masnada di Oliver Twist senza lieto fine, futuri "urka", delinquenti comuni torturatori dei prigionieri politici nei Gulag.
Gran lavoro quello di Mecacci. Incrocia la reticente documentazione sovietica - con Stalin poi il problema, che in ogni caso il regime aveva tentato di contenere e affrontare, affogherà nella melassa edificante - con pagine di cronaca, romanzi e memorie tratte da Joseph Roth, André Gide, George Simenon, Aleksandr Solzenicyn, Il'ja Erenburg, Dmitrij Lichacev, Varlaam Salamov e tanti testimoni meno noti.
Anche l'Italia cerca di fare la sua parte. Il Vaticano manda derrate alimentari, ma è una goccia in un oceano di miseria. Umberto Zanotti Bianco, delegato e plenipotenziario del Comitato di soccorso ai bambini russi, nel 1922 nel suo diario rendiconta l'abiezione in cui sprofonda la società sovietica con i suoi bambini pervertiti in "deficienti morali". Se se ne sia salvato qualcuno, se abbia conosciuto il riscatto del reinserimento resterà un mistero. In epoca stalinista la realtà dei besprizornye sarà annacquata, descritta non come di fatto era, quanto come avrebbe dovuto essere. In un modo o nell'altro "liquidati". —
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