I profeti inascoltati invocavano la pace

Domani un incontro di studio a Palazzo Gopcevich di Trieste

Si intitola “I profeti inascoltati. Personalità e momenti del pacifismo europeo alle soglie della Grande guerra” il conbvegno organizzato dall’Istituto giuliano di storia, cultura e documentazione con il Comune di Trieste. Si terrà domani alla Sala Bobi Bazlen di Palazzo Gopcevich a Trieste, dalle 9.30.

Nella sessione del mattino, che prenderà il via alle 10.15 dopo i saluti, sono previsti gli interenti di: Fulvio Senardi su “Una nascente cultura della pace nell'epoca dell'imperialismo; Giulia Caccamo su “Il sogno infranto: la grande scommessa degli arbitrati internazionali e del controllo degli armamenti”; Fulvio Salimbeni su “Un caso esemplare: i pentimenti di Teodoro Moneta”; Fabio Fabbri su “Né aderire né sabotare. Il socialismo italiano di fronte alla guerra”; Fabrizio Rasera su “Cattolicesimo italiano e “irredento”: temi e protagonisti del dibattito sulla guerra discussione e chiusura dei lavori”.

Al pomeriggio, dalle 15, parlerannp Francesco Pistolato su “Personalità contro la guerra dell’area tedesca; Annapaola Laldi SU “L’impegno pacifista di Bertha von Suttner nelle lettere a Nobel e nelle glosse”; Bernard Hautecloque SU “Sensibilità e personalità del “pacifismo” francese alle soglie della guerra”; Renzo S. Crivelli “Nel mondo inglese:

T. S. Eliot e la Grande Guerra”; Giovanni Capecchi SU “Fra i letterati dell’Italia che va in guerra: i perplessi e i silenziosi”.

Mentre andavano spegnendosi le luci della ragione in un’Europa attraversata da forti venti di guerra (è la metafora scelta da molti studiosi (Piper, MacMillan fra gli altri) per evidenziare la frattura della Grande guerra che conclude il “lungo Ottocento”) e la democrazia liberale iniziava a declinarsi secondo forme nuove perdendo il suo carattere chiuso ed elitario, quasi come cura preventiva alla grande infezione bellicista che avrebbe presto travolto il continente, dando a avvio a un fenomeno complesso e sfaccettato, ricco di contenuti culturali e di fermenti ideali, cui lo scoppio del conflitto e la militarizzazione del continente, avrebbe imposto una severa battuta d’arresto.

Si tratta, in fondo, del frutto più ricco e maturo dell’umanitarismo e del cosmopolitismo positivisti, quello slancio ideale che aveva trovato una raffigurazione insieme efficace ed ingenua nel fortunatissimo “Ballo Excelsior” (1881), celebrazione del razionalismo scientista, della civiltà europea e della pace.

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