I tre giorni di Jackie che cambiarono il mondo

In concorso a Venezia il film del cileno Larraín. Natalie Portman è la first lady, dall’assassinio di Kennedy al funerale
Di Elisa Grando

Ci sono icone destinate a non tramontare mai, e ci sono giorni che cambiano per sempre il corso della Storia. Come Jacqueline Lee Bouvier Kennedy e quel 21 novembre 1963, quando il marito John Fitzgerald Kennedy, presidente degli Stati Uniti, fu colpito a morte in testa da un proiettile. Jackie sedeva accanto a lui sull'auto decapottabile che li stava portando in visita ufficiale per le strade di Dallas: il sangue del marito le schizzò sul vestito, un tailleur rosa di Chanel, che divenne il simbolo di quell'assassinio e della perdita dell'innocenza di tutti gli Stati Uniti. Jacqueline non volle toglierselo per ben due giorni perché, disse, tutti dovevano vedere cos'era stato fatto a John. E proprio su quelle ore drammatiche si concentra il film-ritratto "Jackie" di Pablo Larraín, che sarà in concorso alla Mostra di Venezia il 7 settembre e affida il celebre volto dell'ex first lady all'attrice Natalie Portman. Nel cast anche Peter Sarsgaard, che interpreta Bob Kennedy, Greta Gerwig, Billy Crudrup e l'attore danese Casoar Phillipson nei panni di John Kennedy.

L'attesa è altissima anche perché, sebbene il personaggio di Jaqueline compaia in decine di film e serie tv, compresa l'italiana "Callas e Onassis" con Anna Valle, nessuno le aveva ancora dedicato un film intero. Eppure Jackie fu un'ineguagliabile icona di stile degli anni '60, come moglie del presidente, e degli anni '70, come consorte di Aristotele Onassis, che per lei lasciò Maria Callas. Nel campo della moda Jackie ha indicato la strada dell'eleganza a milioni di donne col suo guardaroba firmato non solo da Chanel, ma anche da Balenciaga, Valentino, Oscar de la Renta, Gucci.

Quel tailleur rosa, però, è diventato parte della coscienza americana. Di certo sarà al centro di "Jackie", non un biopic convenzionale ma quasi una fotografia di Jacqueline in quattro giorni cruciali, da poco prima della partenza per Dallas al funerale del marito. Larraín, uno degli autori più importanti del cinema cileno contemporaneo, del resto è un maestro nel raccontare la grande Storia attraverso le vicende dei singoli, come ha fatto nei suoi tre film dedicati alla dittatura in Cile, "Tony Manero", "Post Mortem" e "No-I giorni dell'arcobaleno". Ora per la prima volta si ritrova a dirigere un set hollywoodiano, sotto l'egida di Darren Aronofsky, il regista di "The Wrestler" e "Noè", qui in veste di produttore. È stato proprio lui a presentare Natalie Portman, che aveva diretto in "Il cigno nero" regalandole un Premio Oscar, a Larraín. E la scelta, a giudicare dalle prime foto del film, sembra perfetta.

Natalie Portman sarà a Venezia in un altro film dal sapore completamente diverso, "Planetarium" di Rebecca Zlotowski, la storia di due sorelle americane (l'altra è Lily-Rose Deep, la figlia di Johnny Depp e Vanessa Paradis) che, nella Parigi di fine anni '30, entrano per caso nel mondo del cinema, senza sapere però che la guerra è alle porte. Per la Portman è un momento di rinnovamento: dopo la maternità (Aleph è nato nel 2011) e due cine-comic "Thor" e il sequel "Thor-The Dark World" della Marvel, forse non completamente nelle sue corde, torna al cinema d'autore. Prossimamente la vedremo in "Jane Got a Gun" nei panni di una donna della frontiera che imbraccia il fucile per proteggere la famiglia. Intanto "Jackie" non ha ancora un'uscita italiana, ma certamente Venezia darà una spinta alla distribuzione, soprattutto se Natalie riuscirà ad agguantare la Coppa Volpi come miglior attrice. E, con un personaggio quasi mitico come Jacqueline, l'impresa non sembra impossibile.

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