Il fascino lento dell’erudizione Dietro ai libri un lavoro di bottega che regala momenti straordinari

“La felicità di fare i libri”. È un titolo perfetto per il volume, edito da Sellerio (pagg. 340, euro 16,00), che raccoglie il lavoro di Leonardo Sciascia “scrittore editore” e cioè i risvolti di copertina, le sintesi, le note editoriali e tutti gli altri materiali con cui Sciascia commentava, sintetizzava, presentava i libri che, appunto con Sellerio, decideva di pubblicare. È una raccolta preziosa. Innanzitutto perché documenta le caratteristiche del lavoro di bottega che sta dietro l’oggetto che chiamiamo libro e che regala momenti straordinari al nostro divertimento di lettori, al nostro piacere di sapere e scoprire altre vite, altre storie. E poi perché mette insieme materiale prezioso per guidarci alla riscoperta di uno degli autori principali della letteratura europea del Novecento, svelando “il fascino lento e la leggerezza strepitosa dell’erudizione che ci seducono” e impegnando il lettore “su fatti diversi di storia letteraria e civile”, per dirla con le stesse parole di Sciascia citato da Salvatore Silvano Nigro che di questa raccolta è il curatore.
È intrigante, appunto, la bottega editoriale, che regge ancora in tempi di dominio di best seller e produzioni di massa. Vi si immerge Cristina Taglietti, giornalista del “Corriere della Sera”, dandone conto in “Risvolti di copertina”, un “viaggio in 14 case editrici italiane” per Laterza (pagg. 158, euro 15,00). Case piccole e grandi, cominciando proprio con Sellerio e continuando con e/o, L’orma, Giunti, il Mulino, Zanichelli, Einaudi, Bao, Il Castoro, NN (una delle ultime nate, abile a valorizzare un autore un tempo sconosciuto in Italia e adesso di culto come Kent Haruf), La nave di Teseo (con l’acume originale di Elisabetta Sgarbi), Feltrinelli, Gems e Mondadori. Si racconta chi progetta i libri e come, chi si prende cura dei testi e delle immagini (lavoro faticoso e prezioso), chi disegna le copertine (“il libro è un supporto per copertine”, notava con fine ironia Giorgio Manganelli, perché proprio nei suoi spazi “l’editore e il lettore si danno il buon giorno e si stringono la mano”), chi infine promuove i libri presso i lettori. Mondo di grande fascino, stimoli intellettuali, ma anche impegni improbi e frequenti ristrettezze economiche.
Non ci sarebbe la nostra civiltà, comunque, se non ci fossero i libri. Né le nostra libertà. Scrivere e pubblicare sono atti creativi. Imprese. E dovere civile. La riprova sta in una pubblicazione speciale, “E questa storia che mi intestardo a scrivere”, un saggio curato da Gianni Turchetta per la Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori (pagg. 52, euro 12,00) su “Vincenzo Consolo e il dovere della scrittura”. Attraverso documenti del grande scrittore siciliano, appunti, lettere, disegni, carte scritte e riscritte, cancellate e annotate a margine, si analizzano tre dei suoi più famosi romanzi, “La ferita dell’aprile”, “Il sorriso dell’ignoto marinaio” e “Nottetempo, casa per casa”. È lavoro contemporaneamente di fantasia creativa e di severa cura artigiana, la scrittura. Spesso è dolore. Talvolta, felicità.
L’industria editoriale, soprattutto in tempi avidi e frettolosi, è anche cinismo, business spregiudicato, gioco di moda. Lo racconta, con straordinaria ironia, in “Ogni riferimento è puramente casuale”, Antonio Manzini (l’autore della serie di gialli di successo che hanno per protagonista l’inconsueto vicequestore Rocco Schiavone). Sono cinque racconti, pubblicati da Sellerio (pagg. 288, euro 13,00), sui vizi, i vezzi, le manie e le perversioni di scrittori, editori e protagonisti di quel grande circo che è in certi casi l’editoria: uno scrittore distrutto dall’eccesso di presentazioni di libri, un autore andino popolarissimo stroncato dalla morte proprio alla vigilia dell’uscita del best seller tanto atteso e nascosto dall’editore e dall’addetta stampa nel freezer d’una baita di montagna, per continuare a lucrare sulle sue pagine, un fanatico libraio e tanti altri personaggi ancora. Gli spunti sono realistici, poi la fantasia prende la mano. Sino all’«arringa finale». Qui, i libri sono mania. Guai, a rimanerne vittime.—
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