Il Revoltella rende omaggio a Cesare Sofianopulo
Pittore colto e raffinato, capace d’infondere nel fruitore notevoli suggestioni grazie a un linguaggio simbolista molto personale, attento alla cultura visiva metafisica, Cesare Sofianopulo (Trieste 1889 - 1968) fu anche letterato ed esteta, giornalista e traduttore. Tant’è che nel 1916 esordì come critico con un breve articolo sul giornale «Il lavoratore» e in seguito scrisse assiduamente d’arte su numerosi testate triestine e della regione, tra cui Il Piccolo e il Messaggero Veneto. Una mente illuminata e un artista che si potrebbe definire di stampo rinascimentale per i numerosi interessi espletati nel corso della sua vita.
In occasione della ricorrenza dei 130 anni dalla sua nascita, una piccola ma elegante e significativa mostra lo ricorda alla città, fino al 12 gennaio, al pianoterra del Museo Revoltella. Di quest’“anima bizantina di greco moderno”, come ebbe a definirlo l’architetto Arduino Berlam, di poco maggiore di lui, sono esposti undici dipinti. Accanto alle sei opere di proprietà del museo, di svariate provenienze, sono infatti presentate al pubblico per la prima volta le cinque opere concesse al Revoltella in comodato d’uso dalla famiglia Sofianopulo. Una rilevante concessione, recentemente sancita, che costituirà certamente una significativa opportunità di conoscenza più approfondita della sua figura e della sua opera.
Appartenente a un’agiata famiglia di origine greca, l’artista si era formato, dopo gli esordi al seguito di Argio Orell, come molti artisti triestini, tra il 1910 e il 1913, all’Accademia di Monaco di Baviera con Angelo Yank, e, nuovamente, per tutto il 1913, nella stessa prestigiosa scuola, ma questa volta ammesso agli insegnamenti del protagonista della Secessione di Monaco, Franz von Stuck. Che certamente affinò in lui la predisposizione a una visione immaginifica, mistica e scenografica del soggetto da rappresentare. Un’estenuata bellezza e un decoro che compaiono in tutta la sua arte, possente rappresentazione di un’epoca che stava volgendo alla fine. Né va dimenticata, per comprenderlo meglio, la frequentazione nel 1911 dell’Académie Julian di Parigi, dove fu allievo di Jean Paul Laurens.
L’ esposizione riporta alla mente la sua casa studio situata in un palazzo nel cuore del centro storico di Trieste, dove un’atmosfera dannunziana accoglieva i visitatori. Un’allure che la sala dalle pareti nere del Revoltella ricrea quasi alla perfezione. Sofianopulo era dotato di una sensibilità molto cosciente dell’introspezione psicoanalitica - che si stava facendo strada nel mondo mitteleuropeo e nella Trieste del primo Novecento - in diverse sue opere, tra cui anche tre presenti nella mostra triestina. Prima fra tutte il più noto dipinto di Cesare Sofianopulo delle raccolte del Revoltella, dall'intitolazione complessa quanto il suo metafisico contenuto, quell’Autoritratto bifronte (Autoritratto dualistico o pirandelliano / Il mio riflesso), del 1936, realizzato in realtà da Sofianopulo per protestare contro l'imbonimento del tratto terminale del nostro canale sul quale, fino al 1934, si affacciava la chiesa di Sant'Antonio Nuovo, che infatti fa da sfondo all’opera. In un altro dipinto del ’34 si raffigura mentre sorregge in mano un autoritratto del 1908, nella lucida constatazione del cambiamento che il tempo produce. E poi c’è il magnifico dipinto intitolato “Maschere”, in cui il pittore esplicita con un taglio cromatico ed espressivo di grande fascino la maschera che noi portiamo ogni giorno. Un tema, quello della maschera come metafora della nostra personalità e del tempo, affrontato da molti pensatori e scrittori in epoca coeva, da Pirandello a Jung. —
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