Il signor Baekeland e l’invenzione del materiale dalle mille possibilità

Flavia Foradini / vienna
È stata la bachelite il primo materiale completamente sintetico. Erano i primi anni del '900 e nulla si sapeva ancora di possibili effetti nefasti dell'indistruttibilità di quel materiale. Il tema ambiente e l'attenzione alla sostenibilità erano lungi dall'entrare nelle riflessioni sia degli industriali sia dell'opinione pubblica e ciò che prevaleva era la soddisfazione di avere a disposizione un prodotto plasmabile in mille forme e colori diversi, ad un costo contenuto.
Trasferitori negli Usa nel 1889, nel 1899 il chimico belga Leo Hendrik Baekeland si era messo alla ricerca di un economico isolante per l'industria elettrica e nel 1907 riuscì a crearlo e lo brevettò. Il nome lo derivò dal proprio cognome. Lo aveva sviluppato partendo dal fenolo e dalla formaldeide, investendo i proventi di un'altra scoperta: la rivoluzionaria carta fotografica Velox, il cui brevetto aveva venduto alla Kodak.
Resistente al calore, agli urti e agli acidi, e con una buona capacità isolante, la bachelite affascinò da subito anche grandi designer e potenti marche di prodotti per la quotidianità, e per alcuni decenni dominò il mercato dei manufatti più nuovi, anche tecnologici. Prodotta su larga scala dal 1910 negli Stati Uniti e in Germania, dal primo dopoguerra cominciò ad essere impiegata nella fabbricazione di prodotti di massa, aprendo una nuova èra.
Soprannominata "il materiale dalle mille possibilità", fra le due guerre il nuovo materiale entrò in innumerevoli case della classe media: dagli interruttori elettrici alle lampade da tavolo, dagli orologi alle macchine per scrivere, dai temperamatite agli aspirapolvere, dai thermos ai macinini, dai portaceneri alla bigiotteria, la bachelite divenne onnipresente.
Fino al 13 dicembre il MAK di Vienna dedica una pregevole mostra proprio a questo materiale ed espone 300 oggetti dal design raffinato. Tutti i manufatti esposti col titolo "Bachelite. La collezione di Georg Kargl", provengono dalla collezione del gallerista viennese Georg Kargl. Disposti con gusto ed eleganza dall'artista Mladen Bizumic nel Design Lab del museo, stupiscono per il nitore delle loro forme, la loro funzionalità e in molti casi per le linee soprattutto Art Déco.
Grazie alla bachelite, un significativo sviluppo si ebbe nel settore delle telecomunicazioni e in quello dell'industria dell'intrattenimento. Era il 1928 quando la Philips mise in produzione degli altoparlanti piatti a forma di disco. E fu nel 1931che la ditta Ericsson fece progettare da Jean Heberg il primo telefono completamente in bachelite.
Sette anni dopo, nel 1938 Gio Ponti creò un ormai celebre microfono in bachelite per l'italiana Ducati, mentre il progettista, ma anche scultore Isamu Noguchi diede la forma di una testa femminile ad un interfono pensato per le stanze dei neonati: un oggetto che pare ancor oggi una scultura.
Tra gli anni '30 e '40 la ditta inglese E.K. Cole diede incarico a noti designer come Serge Chermayeff e Wells Coates di concepire una serie di radio. La mostra del Mak ne espone diversi tipi in differenti forme, sempre più compatte.
Grazie anche alla bachelite, nel 1941 pure i grammofoni divennero portatili e in mostra ve n'è uno che affascina con la sua forma a valigetta.
Spettacolare nella mostra del MAK è la lampada da tavolo pieghevole Art Déco "Jumo Bolide", sviluppata in bachelite e metallo nel 1944-46 da Yves Jujeau e André Monique, e servita da ispirazione a molte lampade del nostro tempo: un classico della storia del design del Novecento.
Dopo la seconda guerra mondiale fu poi la volta del televisore Bush a forma di cubo: come anche per gli aspirapolvere, il nuovo elettrodomestico trovò nella bachelite il materiale ideale per involucri resistenti, lisci e lucidi. Si stava tuttavia già avvicinando la fine di un'avventura: con gli anni '50 la bachelite venne spodestata da una miriade di materiali sintetici producibili a bassissimo costo e uscì velocemente dal mercato di massa. Oggi è una testimonianza soprattutto della storia del design. —
Riproduzione riservata © Il Piccolo