Il sogno degli schipetari nacque a Trieste

Paolo Muner pubblica un libro che racconta l’antico legame con la città giuliana

Oggi a Trieste vivono 1727 albanesi di cui 921 provenienti dall'Albania e 808 dalla Repubblica del Kosovo. Ma l'impronta lasciata dagli schipetari è molto più antica, risale al XVIII secolo, anche se la comunità non ha lasciato grandi opere o chiese come per i serbi, i greci, gli armeni. Eppure fu qui, a Trieste, che al 1 al 4 marzo del 1913 si tenne il "Congresso degli albanesi" a Palazzo Dreher, oggi Palazzo della Borsa. Il congresso fu organizzato in seguito alla proclamazione dell'Albania avvenuta il 28 novembre 1912 per decidere lo status e la forma di governo da dare al giovane paese delle aquile. Per l'occasione arrivarono a Trieste numerosi patrioti albanesi dai Balcani, dall'America, dalla Turchia, dall'Italia.

L'importanza del congresso era dimostrata anche dalla numerosa partecipazione di illustri personaggi della storia albanese (Terenzio Tocci, Fuat Toptani, Fan S. Noli etc.) e dalla folta presenza di giornalisti intervenuti per l'evento dalle più importanti capitali d'Europa.

Insomma si può dire che l'Albania - almeno sotto il profilo formale - sia nata qui, a Trieste, e qui vi ha lasciato n po' della sua anima. È per indagare questo fitto legame fra Trieste e il Paese delle aquile che Paolo Muner ha scritto il libro "La speranza dell'Albania (Albanesi di Trieste)" (ed. Botimet Jozef, pagg. 529, euro 20,00), con testo bilingue italo/albanese (traduzione in albanese di Albana Nexhipi) e numerose illustrazioni. Il libro di Muner non ha, per esplicita ammissione dell'autore, pretesa di saggio scientifico, ma si presenta piuttosto come "zibaldone" di diversi scritti "su personaggi albanesi - noti e meno noti - che si sono stabiliti / hanno vissuto / sono passati per Trieste". Ecco così che accanto alle notizie sul famoso congresso del 1913, troviamo storie e personaggi il benefattore Salvatore Eftmiadi, o il principe Guglielmo Wied, che passò a Trieste nel marzo del 1914. Ma sono tanti gli aneddoti, le curiosità, che Muner infila nelle pagine del libro come piccole perle di un filo che a volte appare sottile, altre volte più indicativo delle tracce lasciate dagli albanesi di Trieste. Non manca, negli ultimi capitoli, essendo la narrazione strutturata in senso cronologico, una motovedetta dalla Capitaneria di Porto, che da Trieste passò all'Albania nel 2002 per la neocostituita Guardia Costiera Albanese. Ma i legami di mare fra Trieste e l'Albania non si fermano qui: guarda caso nel 1926 vennero affidati proprio all'impresa triestina "Mazorana & Co." , i lavori per la costruzione del porto di Durazzo.

Pietro Spirito

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