In auto con “Zio Vanja” di Checov nel road movie “Drive My Car”

Bea.fio.

Impossibile condensare in poche righe le infinite sfaccettature, i labirinti dell’anima, i particolari del quotidiano solo apparentemente insignificanti e invece rivelatori di un vasto universo emotivo che Hamaguchi Ryusuke sa perlustrare e restituire al pubblico con inaudita grazia.

Dopo la giusta acclamazione a Cannes (che gli assicura la il premio per la miglior sceneggiatura, dopo l’Orso d’argento a Berlino sempre nel 2021 con il precedente “Il gioco del destino e della fantasia”), il regista giapponese approda in sala grazie alla friulana Tucker con “Drive My Car”, road movie esistenziale tratto dall’omonimo racconto di Murakami Haruki contenuto nella raccolta “Uomini senza donne”.

Nel percorso di Kafuku, attore e regista teatrale sconvolto per la perdita della moglie Oto, si susseguono diversi incontri: un giovane attore, una silenziosa autista cui deve affidare la guida della sua Saab 900 rossa e, naturalmente, Checov, del quale accetta di portare in scena lo “Zio Vanja” a un festival di Hisoshima.

Teatro e vita, la natura non sempre lineare dell’amore e del desiderio, i traumi del passato e i loro effetti nel presente, piccoli segreti, confidenze, parole dette e non dette, solitudini che sia fanno via via meno silenziose grazie agli incontri che a volte la vita regala. Viaggio dopo viaggio, Kafuku e Misaki lasceranno affiorare segreti e confidenze.

Mai banale né stucchevole e sorprendentemente leggero pur nella densità quasi abissale degli argomenti che tratta, “Drive My Car” non abbandona lo spettatore neanche dopo la visione, sedimentando a lungo in un luogo interiore dove continua a mostrarsi, a suggerire, a crescere. —





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