Lara Prescott racconta le manovre della Cia per “Il dottor Živago”

l’intervista
Pochi sanno che dietro Lara, la grande eroina de “Il dottor Živago”, ci sta il vero amore di Boris Pasternak, la poetessa Olga Vsevolodovna Ivinskaja. Si sa ancora meno quanto Olga abbia sacrificato per difendere il poeta, deportata due volte nei gulag a causa di questa relazione. Volevano farle ammettere quanto Zivago fosse un romanzo sovversivo. Ma lei non disse mai nulla. Il libro uscì da Feltrinelli in anteprima mondiale nel 1957, quasi nessuno però è al corrente quanto la Cia, per aggirare il bando che ne vietava la pubblicazione in Russia, si servì per lo scopo (anche) di spie femminili. Insomma ce n’è abbastanza per fare uscire un libro epico, quello che Lara Prescott ha scritto con il titolo “Non siamo mai stati qui” (DeA Planeta, pag. 448, euro 18). Una storia per molti aspetti vera e che mette in luce il profilo di autentiche eroine, anche rispetto alla vita meno eroica di un genio come Pastenak.
Cosa l’ha indotta a scrivere questo romanzo? L’amore per “Il dottor Živago” o per Olga Ivinskaja, amante storica di Pasternak?
«L’origine di questo libro è stato il mio amore per “Dottor Živago”. D’altra parte è un amore che mi trascino da una vita, il mio nome ne è una testimonianza, sono stata chiamata proprio come l’eroina del romanzo. Quando poi mi sono imbattuta nei documenti secretati dalla Cia intorno al libro, è scattata la vera scintilla per scrivere questa storia. Il fatto che la Cia avesse pensato di farlo tornare nell’Unione Sovietica clandestinamente per poter essere utilizzato come arma per cambiare il mondo, è proprio stato il momento iniziale di questa mio lavoro»
Quanta realtà e quanta fiction c’è nella sua versione di questa storia?
«L’approccio è stato quello di ri-raccontare un fatto in parte romanzato. l personaggi di Irina e di Sally, spie della Cia, sono frutto della mia fantasia. Però queste due eroine sono state ispirate dalla vita di spie vere, donne esistite realmente negli anni ’50, donne che hanno lavorato per l’Agenzia, come Virginia Hall o Betty McIntosh. Quando invece affrontavo i profili di Olga e Pasternak ho utilizzato delle fonti storiche. Mentre per Irina e Sally – riprese da autentiche spie, oltretutto cancellate dalla storia – ho potuto mettere a frutto tutto l’elemento fiction che il romanzo ci può regalare».
Olga si è sacrificata su tutti i fronti per Pasternak. Questo profilo di donna si è davvero esaurito?
«Purtroppo devo ammettere che questo profilo esiste ancora. Quando lavoravo in ambito politico ho incontrato tantissime donne che vivevano nell’ombra dei loro uomini. Uomini appunto che correvano per diventare governatori o per prendere una specifica posizione politica. Queste persone vivevano proprio nell’ombra affinché i loro mariti potessero rimanere sempre sotto i riflettori. Sebbene la storia di Boris e di Olga sia piuttosto datata, siamo ancora lontani dal raggiungimento di parità e di uguaglianza».
Comunque lei ha reso giustizia a diverse persone in questo romanzo…
«Mi auguro di sì perché volevo catturare il più possibile l’essenza di queste donne che con la loro vita si sono molto dedicate agli altri e Olga è stata una di queste. Dai suoi diari ho capito quante difficoltà ha affrontato, è stata due volte nei gulag a causa della sua relazione con Boris Pastenak. Quindi se si pensa alla sua forza e a come abbia resistito a tutte le difficoltà estreme, mi auguro davvero di averle reso minimamente giustizia».
Quando c’è di mezzo il genio tendiamo a giustificare anche gli atti egoistici. Dove può arrivare la libertà di un poeta?
«Ognuno ha diverse sfaccettature, lati belli e brutti. Osservando Boris Pastenak dalla lente del talento, del genio, gli si attribuisce maggiore gloria di quella che ha rispetto alla sua vita personale. Per certi versi si è anche comportato in maniera terribile. Ha sacrificato sia la moglie che l’amante e all’amante è andata decisamente peggio. Quello che ho cercato di fare è rappresentarlo dalle diverse angolazioni. Ciò detto credo anche si debba separare la vita di un grande artista dalla vita personale, separare l’essere umano dalla sua opera». —
Riproduzione riservata © Il Piccolo