L’Austria al Lido piena di ossessioni

“In the basement” di Ulrich Seidl racconta le cantine di segregazioni e orrori

VENEZIA. È un'infelix Austria quella che pioverà al Lido quest'anno con due opere non proprio nel segno dell'ottimismo. Ovvero con il documentario in odor di morbosità “In the basement” (In cantina) del regista Ulrich Seidl e con “Goodnight Mommy” di Veronika Franz e Severin Fiala. Nel primo le ossessioni degli austriaci per le cantine dove avvengono delitti o si consumano bizzarri hobbies, nel secondo la storia inquietante e horror di una mamma senza volto. Il documentario di Ulrich che passa fuori concorso al Festival di Venezia non può, ovviamente non far pensare al caso di cronaca e alla cantina di Natascha Kampusch una ragazza austriaca che fu vittima di un rapimento all'età di 10 anni, il 2 marzo del 1998. Dopo otto anni di segregazione, in una cantina superprotetta e blindata, riuscì a liberarsi fuggendo dal proprio rapitore, Wolfgang Piklopil, il 23 agosto del 2006.

«Questo è un film sugli esseri umani e le cantine e su come gli esseri umani usano le cantine nel tempo libero. Questo è un film sulle ossessioni» dice nelle note di regia il regista della tanto discussa e considerata da molti trilogia del Paradiso. E ci tiene ancora a dire l'autore su questo suo viaggio notturno nel sottosuolo delle abitudini austriache: «Questo è un film sulla musica per ottoni e le arie d'opera, sulla mobilia d'alto prezzo e le barzellette di bassa lega. È un film sulla sessualità e la voglia di sparare, su fitness e fascismo, su fruste e bambole».

“Goodnight Mommy” di Veronika Franz e Severin Fiala è invece uno psicothriller-horror che passa al Festival nella sezione competitiva di Orizzonti. Siamo in una calda estate in una casa isolata tra boschi e campi di mais. Due maschietti gemelli di dieci anni aspettano la madre. Quando arriva, con il volto fasciato dopo un'operazione di chirurgia plastica, nulla è più come prima. Adesso la donna è severa e distante e tiene la famiglia separata dal mondo esterno. I bambini iniziano a dubitare che la donna sia veramente la mamma e sono decisi a scoprire la verità ad ogni costo.

Alla Mostra del Cinema arriverà fuori concorso anche «La zuppa del demonio» di Davide Ferrario, il film (nel titolo prende a prestito un’espressione di Dino Buzzati) prodotto da Rossofuoco e Rai Cinema con Archivio nazionale cinema d'Impresa e distribuito in sala da Microcinema l'11 settembre. Il tema riguarda l'idea positiva che per gran parte del Novecento (almeno fino alla crisi petrolifera del 1973-74) ha accompagnato lo sviluppo industriale e tecnologico. «Perchè è facile oggi inorridire davanti alle immagini che mostrano le ruspe fare piazza pulita degli olivi centenari per costruire il tubificio di Taranto che oggi porta il brand dell'Ilva: eppure per lungo tempo l'idea che la tecnica, il progresso, l'industrializzazione avrebbero reso il mondo migliore ha accompagnato soprattutto la mia generazione, quella nata durante il miracolo economico italiano», spiega Ferrario.

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