Leni Riefenstahl sott’acqua la vita marina della regista nazi

È stata una grande ballerina e non lo è stata. A volte ha un bel viso puro e grave, a volte è carina come una svastica. Gli uomini sono brutali con lei, gli uomini minacciano di uccidersi per lei. È un’attrice meravigliosa, non vale niente ed è pure strabica. È una nazista convinta, non ha mai preso la tessera del partito. Era l’amante di Hitler, no che non lo era.
È difficile definire Leni Riefenstahl. In molti hanno provato a raccontare la sua vita, ci ha provato lei stessa, ma qualcosa sfugge sempre. La sua biografia sembra presa in un’accelerazione di eventi e infortuni, grandiosità e virate che l’hanno portata a filmare i trionfi del nazismo, le culture tradizionali africane, i fondali oceanici. La sua è una vita in fuga, al continuo inseguimento della forma perfetta della bellezza. Forse allora, per provare a capire una delle figure più affascinanti e inquietanti del Novecento, era necessario invertire la rotta, cambiare ritmo, andare pianissimo e inquadrare un frammento minimo di quest’esistenza strabiliante. Emiliano Poddi con il suo nuovo romanzo “Quest’ora sommersa” (Feltrinelli, pagg. 220, euro 16,50 euro) non solo riesce a fermare Leni Riefenstahl in un punto cieco dove possiamo provare a capire il suo enigma, ma allo stesso tempo porta noi in quel punto e ci costringe a chiederci: perché Leni ci seduce? Perché i suoi film nazisti ci ipnotizzano? Poddi, che presenterà il libro in diretta streaming domani alle 18 sui canali social di Feltrinelli editore e Librerie Feltrinelli, cattura la regista centenaria con le unghie dipinte di rosso corallo nella sua ultima immersione tra i pesci tropicali delle Maldive: una cornice coloratissima e calma, tutto il contrario dell’esplosioni di energia in bianco e nero delle sue celebri foto. Ad accompagnarla sott’acqua c’è Martha, giovane biologa marina che ha molti motivi per esserle accanto, anche se Leni ancora non lo sa. Ed è la voce di questa giovane ragazza, nata a Salisburgo appena dopo la guerra, a farci avvicinare il più possibile alla perturbante ambiguità di Leni.
«Quando ho visto i suoi film, Olympia e poi peggio ancora Il trionfo della volontà - racconta Poddi - non potevo fare a meno di pensare che erano immagini belle e potenti. Ha iniziato a girarmi dentro la compresenza di bellezza e orrore, e ho continuato a immergermi fino a quando non sono arrivato a Tiefland.»
Il film con i Sinti e Rom presi dal lager e utilizzati come comparse…
«Anche grazie a un articolo di Claudio Magris, ho incontrato la storia di Anna Krems, che fu la controfigura di Leni nel film e per questo le venne dato in premio di poter chiedere la salvezza dei suoi fratelli deportati, ma solo di uno di loro. Nur einer fu il gioco mortale di Leni».
Come ha deciso di raccontare Leni a partire dalle sue ultime imprese subacquee?
«Avevo paura di affrontare una vita così enorme. Volevo circoscriverla in un tempo e uno spazio molto limitato e l’ultima sua svolta marina mi pareva carica di senso: si inabissava sott’acqua dopo che si era arrampicata sulle vette».
Perché ha scelto l’isola di Gangehi?
«Molti credono che le Maldive siano un posto addomesticato dai resort, salvo che poi lì la natura è troppo forte, senti la pressione dell’oceano sulla barriera corallina, vedi pesci incredibili. Rimane un luogo selvaggio dove ti senti in balia di forze che sono superiori alle tue. E siccome ci sono altre forze storiche che hanno questa stessa dimensione soverchiante, mi convinceva provare a far scontrare queste due dimensioni».
Perché ha deciso di affidare a un personaggio di finzione il racconto di un personaggio storico così ingombrante?
«Sono uno di quelli che prova una fascinazione per certi aspetti formali delle opere di Leni e quindi in parte anche per lei. Volevo capire cosa c’è di attrattivo in questo personaggio, ma volevo farlo dal punto di vista di chi prova un risentimento personale molto forte e Martha ne ha tutti i motivi».
La fiction è ancora il modo migliore per indagare la realtà?
«La fiction ha degli spazi che, se individuati, non solo possono dare il senso di quello che è accaduto nella Storia ma possono anche aiutare chi scrive a portare avanti delle domande radicali che la Storia ha suscitato».
Possiamo essere indifferenti al contenuto delle immagini o delle storie che produciamo concentrandoci solo sulla loro forma?
«Credo sia molto pericoloso. Mi chiedo se la tensione formale portata agli eccessi, la ricerca della bellezza a qualunque costo a prescindere dal contenuto, non sia essa stessa nazismo».
Si dice che certi orrori sono generati dalla mancanza di cultura. Molti nazisti avevano un alto livello culturale ma questo non gli ha impedito di commettere quello che hanno commesso. Che rapporto c’è tra biografia e opera d’arte?
«Credo che esistano modi differenti di fare esperienza di un libro, di una musica, di un dipinto. Se i libri che leggi, che citi a memoria, non hanno nessuna conseguenza sul tuo modo di stare al mondo, li hai consumati ma non te ne sei appropriato. Appropriarsi della cultura significa lasciare che incida nella nostra biografia, che ci trasformi. Non è forse per questo che leggiamo?». —
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