Loriano Macchiavelli e la strage di Bologna tra realtà e finzione nel libro sequestrato

Fra il vero e il falso galleggia il verosimile. È il sorriso mellifluo del sosia, la voce contraffatta di una registrazione, il documento manomesso da un abile falsario. In questa zona d'ombra della realtà si muovono a loro agio gli specialisti del travisamento. Hanno un modus operandi collaudato: gettano sassolini avvelenati in cui mescolano notizie false con una spruzzata di verità, le fanno attribuire a Tizio perché incolpi Caio, poi creano prove affinché risulti che Tizio si è sbagliato, Caio è innocente, anzi è morto, ma non si sa dove e come. In una parola depistano.
È una spy story di ottima fattura il romanzo che Loriano Macchiavelli, navigato e apprezzato scrittore di noir, ha dedicato alla 'Strage' (Einaudi, 594 pagg., 15,50 euro) per antonomasia della repubblica italiana, quella alla stazione di Bologna. Avvincente e da leggere tutto d'un fiato, come dicono le frasi acchiappa lettori sulle fascette dei libri, se non fosse che non è purtroppo un'opera di fantasia. Il dato di fatto è incontrovertibile, il depistaggio è stato il leit motiv di tutti i processi celebrati per i crimini della strategia della tensione, da piazza Fontana in poi. In nessuno di essi però è emerso così chiaramente che chi ha intralciato le indagini erano parti dello stato, i servizi cosiddetti deviati, come nella strage di Bologna.
Quarant'anni dopo quel 2 agosto in cui alle 10.25 una valigia imbottita di esplosivo saltò per aria nella sala d'aspetto della stazione causando 85 morti e 200 feriti, dopo tre processi e una inchiesta in pieno svolgimento, al di là delle condanne definitive per quattro fascisti, sono venuti a galla i pesanti coinvolgimenti di alti ufficiali dei servizi segreti.
E una spia è il protagonista di 'Strage', un ex agente dei servizi francesi che quel 2 agosto si trova a Bologna per seguire una indagine dietro incarico di alcuni equivoci frati che nel delta del Po hanno un laboratorio in cui sperimentano sostanze chimiche in grado di ripulire le acque. Jules Quicher, questo il suo nome, è una spia 'buona' e finisce a collaborare con il generale Dalla Vita, dietro il quale non è difficile riconoscere Dalla Chiesa, che rappresenta un pezzo dello stato che cerca la verità. A dare una mano a Jules è Claudia, una giovane che arriva dal ribollente e violento Settantasette e che Dalla Chiesa vuole infiltrare nella destra eversiva, quella sospettata di aver piazzato la bomba.
Dall'altra parte troviamo Francesca, figlia di un mafioso d'alto bordo ucciso da una famiglia rivale quando lei era un'adolescente, che combatte una sua battaglia privata per scoprire il responsabile dell'omicidio, ma che intanto è una spietata killer che la mafia usa per i suoi scopi. Poi c'è il professor Falcione, un archeologo che la mafia ha piazzato, lui ignaro, in una base di telecomunicazioni nella Guyana francese. Criminalità comune, mafia, servizi segreti, massoneria, politica: Macchiavelli intreccia con mano sicura e passione civile i fili di una storia nella quale riconosciamo troppo bene le trame che hanno avvelenato la storia italiana dagli anni Settanta in avanti e propone una sua soprendente verità sulla strage.
Romanzesca è stata anche la vicenda editoriale di 'Strage'. Uscito il 28 maggio 1990, sette giorni dopo il libro venne sequestrato a seguito della denuncia di uno degli imputati nel processo d'appello allora in corso. Il denunciante, condannato per la strage in primo grado e poi assolto, compariva nell'opera e si riteneva diffamato. La casa editrice ritirò dalla circolazione tutte le copie e il libro spariva dalla librerie. Macchiavelli venne assolto un anno dopo ma il romanzo venne rimesso in circolazione appena nel 2010. Come mai, si chiede l'autore nell'introduzione, una storia del tutto inventata aveva dato più fastidio di una inchiesta giornalistica? Forse perché, come ha scritto Giancarlo De Cataldo, "come escludere che un romanzo sia più vero della storia vera?". —
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