Monica Vitti festeggia in privato 60 anni di cinema

L’attrice, 83 anni e molto malata, è stata la musa di Antonioni, poi grande interprete per Sordi, Monicelli, Magni

ROMA. Enigmatica e distante bellezza sognata da Michelangelo Antonioni nell'Avventura, incerta e passionale “Ragazza con la pistola” per Mario Monicelli, travolgente sciantosa con Sordi in “Polvere di stelle”. Con una lunghissima filmografia e oltre 50 personaggi, Monica Vitti, 83 anni compiuti da poco ma da oltre un decennio assente dalle scene e dalla vita pubblica, esordiva 60 anni fa, con “Ridere! Ridere! Ridere!” diretto da Edoardo Anton e sceneggiato da Ettore Scola.

Nata a Roma il 3 novembre 1931, la Vitti arriva al cinema quasi per caso. Conosce Michelangelo Antonioni ed è amore travolgente: il regista chiede all'attrice di dar voce al personaggio di Virginia ne Il grido (1957) e poi a Claudia, l'amante de “L'avventura”, ruolo con cui entra nel cinema italiano dalla porta principale, regina dell'incomunicabilità antonioniana, personaggio irraggiungibile e affascinante che inaugura in modo esemplare gli anni '60 anche grazie all'altro film dello stesso anno, “La notte”. Monica conquista tutti con un clichè di personaggio tragico e intellettuale capace di battute memorabili (“Mi fanno male i capelli”) e di silenzi retti in primo piano davanti alla cinepresa come in “L'eclisse” o “Deserto rosso”. Consacrata con questo film dal Leone d'oro a Venezia nel 1964, l'attrice cerca nuove sfide, complice l'allentato legame con Antonioni di cui resterà però sempre amica e confidente tanto da ritrovarlo nel 1980 sul set di Oberwald.

La svolta comincia nel 1966 quando accetta un film inglese, un divertimento in stile 007 diretta da Joseph Losey. Scopre dentro di sè un talento comico, un'autoironia confermata in patria l'anno dopo con “Fai in fretta a uccidermi... ho freddo” e “Ti ho sposato per allegria”. Tocca a Mario Monicelli, nel 1968, reinventare Monica secondo una diversa idea divistica, in cui all'icona muta si sostituisce l'attrice di prorompente vitalità.

Ecco allora “Dramma della gelosia” e “Ninì Tirabusciò, la donna che inventò la mossa” (1970), “Teresa la ladra” di Dario Di Palma (1972), “Tosca” di Gigi Magni (1973), “Polvere di stelle” diretto da Sordi nello stesso anno e “L'anatra all'arancia” dell'amico Luciano Salce (1975). E poi “A mezzanotte va la ronda del piacere”, “Mimì Bluette, fiore del mio giardino”, “Amori miei”, “Il tango della gelosia” che nel 1980 chiude il periodo più fortunato.

Il decennio successivo vedrà Monica Vitti più appartata (si lega a un nuovo compagno, il fotografo Roberto Russo, scrive un romanzo, si cimenta nella produzione). Dal ’91, anche per una dolorosa malattia mai ammessa e che l'ha portata a proteggere in modo ferreo la sua privacy, sono state rarissime le apparizioni pubbliche.

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