Nel teatro dei sogni di De Carlo in scena un’Italietta senza sogni
Dove sono andati i sogni? È intorno a questa domanda che si sviluppa la trama dell’ultimo romanzo di Andrea De Carlo, il titolo ce lo spiega subito: “Il teatro dei sogni” (La nave di Teseo, pag. 426, euro 20). Non è una metafora, il teatro c’è. Si tratta di un sito archeologico di proprietà del marchese Guiscardo Guaidarini, nobile e seducente come la sua entrata in scena. La storia infatti si apre con un capitolo che è quasi un incrocio tra il Palahniuk di “Soffocare” e l’Eggers de “Il cerchio”. Insomma Guaidarini diventa subito un eroe da web salvando un’ingombrante giornalista dal soffocamento causato da una brioche. Certo, è vero che la malcapitata tenta di riprendere con il telefonino pure la propria morte, pur di aumentare i follower, ma non morirà proprio perché lo strano nobile la metterà in salvo con la celebre manovra di Heimlich. Lei invece rimarrà focalizzata su qualsiasi telecamera anche rispetto alla propria vita. Iniziano così le indagini su questo aristocratico signore, da parte della giornalista e non solo, tanto da scoprire appunto, nella sua tenuta, un antico teatro ellenico. O almeno così pare. E inizia qui anche una stravagante lotta politica tra sindaci, assessori, Comuni e partiti per accaparrarsi proprio il teatro, simbolo di una qualche unione e cultura italica. Di fatto sarebbe la cosa più giusta, restituire il teatro agli italiani, se non ci fosse di mezzo la politica. Questo benedetto sito antico, osannato da tutti i mass media, diviene il fil rouge di un’Italietta mediocre e freghereccia. E siamo a nord est, in una cittadina frutto dell’invenzione, ma associabile serenamente a tante realtà.
De Carlo conduce il tutto a più livelli narrativi, fa raccontare il fatto da diverse persone, con differenti punti di vista, fa muovere in continuazione i personaggi senza mai perdere il filo. Dalla sua ha una tecnica versatile, ricca di dialoghi molto cinematografici, non a caso De Carlo ha diverse esperienze a proposito, basti ricordare la sua collaborazione con Fellini e Antonioni. Insomma il dibattuto teatro è uno dei tanti casi che portano a galla mafie e mafiette, corruzioni e speculazioni edilizie, tutte messe a tacere se il nuovo obiettivo – in questo caso addirittura un luogo di cultura – potrebbe rendere di più. In mezzo ci sta anche una storia d’amore, decisamente lenta a uscire, un amore fatto di complicità e alleanza, amicizia e autentico bene, ma ci vogliono 400 pagine per giungere al primo bacio. Poco importa, la sostanza del libro sta altrove, nel restituirci uno specchio politico, sociale che pare quasi surreale, ma infine ci si accorge che surreale non è. Come non lo sono i sogni, almeno quelli del protagonista, l’ironico marchese che metterà in piedi una beffa proprio per dimostrare un’Italia, oramai, senza sogni. —
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