Neri Marcorè domani a Mittelfest: «Canto le donne della Commedia»

Per l’ultimo giorno della manifestazione di Cividale  al Convitto Diacono lo spettacolo dedicato a Dante Alighieri 
Mario Brandolin

l’intervista



Quasi di rigore chiudere la 30°edizione di Mittelfest nel segno di Dante, nel 700°anniversario della morte; meno di rigore e scontata la proposta che andrà in scena domani alle 18.30 al Convitto nazionale Paolo Diacono, ultimo spettacolo del festival cividalese. Perché “Le divine donne di Dante”, questo il titolo dello spettacolo, gira sì attorno al poema dantesco, anzi ne prende la materia prima, le figure femminili, si sviluppa poi in un percorso musicale che di quella materia restituisce il fascino, ma alla luce della contemporaneità.

Francesca, Pia, Matelda, Piccarda, Didone, Cleopatra… sono quarantadue le donne di cui Dante parla nella Divina Commedia. Ma solo una quindicina di loro rivivranno sul palcoscenico di Mittelfest, in uno spettacolo di cui è artefice e protagonista principale Neri Marcoré, il popolarissimo interprete di tanti film, di trasmissioni e fiction tv di successo. Con lui, alle 18.30 al Convitto nazionale Paolo Diacono di Cividale, nelle doppie vesti di narratore e cantante, l'Orchestra Arcangelo Corelli diretta da Jacopo Rivani, Stefano Cabrera, al violoncello, Domenico Mariorenzi alla chitarra e al pianoforte, Simone Talone alle percussioni e le vocalist Flavia Barbacetto e Angelica Dettori. Parole e musica, quindi, per una sorta di canzoniere con brani che si legano per libera e divertita associazione ai temi e alle figure dantesche narrate.

E così queste divine si specchiano nelle canzoni di De Gregori, Capossela, Sting, Fossati, Ligabue, i Beatles: «quindici momenti per intrecciare memoria, racconto, emozione e invenzione - racconta Marcorè -. Per ricostruire con brani da 'Cardiologia' di De Gregori a 'Vince chi molla' di Niccolò Fabi, passando per 'Fields of Gold' di Sting un paesaggio umano denso di suggestioni e significati».

Perché ha sceolto questi brani, che fanno ormai parte dell’immaginario collettivo?

«Alcune sinapsi - risponde Marcorè - venivano naturali, altri collegamenti erano più sorprendenti anche per me».

Qualche esempio?

«Pensando a Francesca da Rimini, ho scelto Il bacio sulla bocca di Ivano Fossati, essendo il bacio la scintilla che fa nascere tutta la storia tra i due amanti. E aggiungendo la canzone di Ron, Non abbiamo bisogno di parole, si rende omaggio anche al silenzio di Paolo, che nel canto non prende mai la parola. Tra gli accostamenti imprevedibili c'è anche L'odore del sesso di Ligabue, collegata alla figura di Didone che tradisce la memoria del marito per l'amore irresistibile verso Enea. E la luminosità della cananea Raab nel IX canto del Paradiso ha richiamato la canzone della luce per eccellenza, cioè Here Comes the Sun dei Beatles. Un'altra analogia che mi piace è quella che si stabilisce tra Enjoy the Silence dei Depeche Mode e Pia de' Tolomei, sul godimento del silenzio».

Risultato?

«Succede che magari si riscopra in questi profili una modernità che spesso viene sottaciuta perché relegati a schemi e spesso anche luoghi comuni».

Frutto anche di un certo modo sin troppo scolastico con cui si è studiato Dante e la sua Comedia?

«Quand’ero studente, infatti, conferma Marcorè, Dante era un un semplice argomento di studio, e il suo un testo come tanti altri. È stato grazie alla Lectura Dantis di Roberto Begnini o Carmelo Bene, ma soprattutto alle letture e ai commenti di Vittorio Sermonti, che ho cominciato ad approfondire e apprezzare la sua opera».

E adesso tocca a lei.

«Sì, ma io solo citerò alcune terzine del poema, non sarà una declamazione. Anche perché nello spettacolo c’è molta musica».

Ecco la musica, quanta parte ha avuto e ha nella sua vocazione artistica?

«Tanta, anche perché è stata la musica che mi ha spinto sulla strada della professione. Pur da autodidatta, mi sono confrontato con musicisti veri e amici che sono musicisti, i quali non mi schifano, e questo per me è motivo di soddisfazione e gioia: fare musica è un piacere fine a se stesso, oltre che condividerlo con il pubblico. Inoltre, quello musicale è il settore che mi appassiona di più negli spettacoli dal vivo».

Quanto è importante l’ironia oggi?

«Non è solo oggi importante, lo è sempre in generale, perché mettersi gioco e prendere in giro prima di tutto se stessi significa comunque non prendersi troppo sul serio. Il che ci permette di avere un atteggiamento verso qualsiasi cosa nel bene e nel male un po’ più temperato rispetto alla drammatizzazione o esaltazione che ti dà una cosa bella o una cosa brutta: l’ironia ti consente di calmierare in alto e in basso qualsiasi tipo di risultato o emozione. In generale non sentirsi al centro del mondo è componente del mio modo di essere e che mi piace riconoscere negli altri».

E poi ci sono produzioni teatrali come “Un certo signor G”, “Beatles Submarine”, “Quello che non ho”, o “Due amici dopo cena (tra chiacchiere e canzoni)” con il cantautore Edoardo De Angelis, e concerti di varia natura e formazioni diverse sono lì a dire di una passione mai sopita per la canzone italiana sulla scia della quale ben si inserisce questo Le divine, commissionato da Ravenna Festival con la co-produzione di Mittelfest e Macerata Opera Festival. Una passione che nella straordinaria versatilità di Marcorè molto bene si sposa, appunto, all’ironia e all’autoironia sempre sottese nelle sue interpretazioni, nel suo modo di stare in scena. —

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