Nora Barnacle rimproverò il marito James Joyce «Dovevi fare il cantante»

PATRIZIA FERIALDI. "There is music everywhere" assicura Leopold Bloom nell'«Ulisse», un romanzo in cui tutti intonano qualche aria operistica o qualche canzone, ed in cui si narra, tra l'altro, la...
Di Patrizia Ferialdi

PATRIZIA FERIALDI. "There is music everywhere" assicura Leopold Bloom nell'«Ulisse», un romanzo in cui tutti intonano qualche aria operistica o qualche canzone, ed in cui si narra, tra l'altro, la storia di un soprano, Molly Bloom, di suo marito, e dell'impresario di lei, Blazes Boylan. D'altronde tutti gli scritti di Joyce sono caratterizzati da un continuo contrappunto musicale e spesso, a parlare sono i versi di un'aria famosa piuttosto che le strofe d'una ballata. Lui stesso fu a lungo diviso tra la carriera di cantante e quella di scrittore, infatti, oltre a essere un fine tenore capace d'accompagnarsi al pianoforte, si cimentò anche nella composizione, musicando alcune sue liriche tratte dal ciclo Chamber Music. La sua compagna, Nora Barnacle, rimpianse sempre che non si fosse dedicato professionalmente al canto.

Motivi questi che hanno spinto gli organizzatori della Trieste Joyce School a inaugurare la ventesima edizione della Scuola con un musicalissimo omaggio allo scrittore irlandese: ovvero la conversazione concerto "Voglio e non vorrei" (alle 18 Sala del Ridotto "Victor de Sabata"). Il recital, realizzato in collaborazione con la Fondazione Teatro Lirico Verdi di Trieste e l'Associazione Triestina Amici della Lirica "Giulio Viozzi", prevede la partecipazione di un ensamble d'eccezione, composto dai soprano Ilaria Zanetti e Federica Vinci, dai tenori Francesco M. Paccorini e Noel O'Grady e dal baritono Eugenio Leggiadri-Gallani, accompagnati al pianoforte da Alessandra Sagelli. Il programma, che sarà illustrato da John McCourt, si basa su una selezione di brani d'opera, songs e canzoni da music hall, che facevano parte del "panorama sonoro" del mondo che Joyce ricreò nei suoi romanzi.

Trieste fu per lo scrittore una sorta di paradiso musicale, qui prese lezioni di canto al Conservatorio Tartini e fu un assiduo frequentatore del loggione del Teatro Verdi, che così ben descrisse in Giacomo Joyce, ma frequentò anche gli altri teatri triestini, dove assisteva a più rappresentazioni di uno stesso titolo: nel 1908 della “Bohème” al Rossetti vide ben otto repliche e la stessa cosa avvenne l'anno successivo per “Madama Butterfly”.

Nel programma del recital vi sono molti riferimenti musicali carichi di significati nella biografia di Joyce, come l'aria "Di Provenza il mar, il suol!" dalla “Traviata”: nel 1904, lo scrittore lasciò Dublino con Nora per andare a vivere a Trieste. Scoperta la fuga John Stanislaus Joyce troncò i rapporti col figlio, ma quando nel 1909 James fece ritorno a Dublino, il padre lo invitò in un pub e, sedutosi al piano, intonò l'aria di papà Germont, chiaro e ineffabile messaggio di perdono. In programma anche il duetto di Don Giovanni e Zerlina, "Là ci darem la mano", a cui rende omaggio il titolo del concerto con una citazione contenuta nell'«Ulisse». Verrà proposta anche la splendida aria "I dreamt I dwelt in marble halls" tratta da "The bohemian girl" dell'irlandese Michael William Balfe (1808/1870), autore notissimo fino a metà del XX secolo e oggi praticamente dimenticato.

Non mancheranno preziosi omaggi al belcanto con la cabaletta finale di Edgardo "Tu che a Dio spiegasti l'ali" da “Lucia di Lammermoor” o “M'apparì” dalla “Martha” di Von Flotow, un'opera molto eseguita fino a inizio '900 e oggi andata fuori repertorio, che nell'episodio più musicale dell'«Ulisse», “Sirene”, è cantata dal padre squattrinato e alcolista di Stephen Dedalus, ma che - come il papà di Joyce - aveva una seducente voce tenorile. La conferenza concerto si chiuderà con "Love's old sweet song", amatissima da Joyce e considerata l'inno dei joyceani nel mondo.

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