Omaggio a Chersicla nei vent’anni del graffito che entrò nel Guinness

il percorso
Vent’anni fa Bruno Chersicla portava a termine in piazza dell’Unità il più grande dipinto del mondo, 9323 metri quadrati per rappresentare Trieste quale porta d’Oriente in campo azzurro con sette stelle dorate a ricordare la bandiera dell'Europa: un happening - fortemente voluto dall’allora assessore alla Cultura, Roberto Damiani, con il sindaco Riccardo Illy - che gli valse il Guinness dei Primati e in coinvolse 4572 cittadini, che si prestarono a collaborare alla realizzazione del graffito, colorato con 3 tonnellate di vernice. Lui aveva disegnato il reticolo e lo dipinse assieme a bambini delle scuole, adulti, giovani e vecchi, che poi ricevevano un diplomino di partecipazione. Un’interazione con il fruitore, che sottolinea l’attualità del linguaggio dell’artista e che aveva rappresento la sua particolare cifra stilistica dagli anni Sessanta, quando, dopo le prime opere pittoriche informali, Bruno aveva ideato particolari strutture lignee policrome, le cui diverse parti, imperniate tra di loro, potevano essere “magicamente” mutate dal fruitore in altre forme.
A partire dal 5 marzo una rassegna, promossa da un gruppo di amici di Bruno e principalmente dal suo grande sodale e appassionato collezionista Dino Faraguna, dalla compagna Melitta Botteghelli e dal suo medico ed estimatore Piergiorgio Mandelli, ricorderà a Palazzo Gopcevich questo evento straordinario di arte pubblica, che coinvolse e mobilitò tutta Trieste..
“Il conservatore del Museo Teatrale Schmidl Stefano Bianchi e io – spiega il direttore del Servizio Musei e Biblioteche Laura Carlini Fanfogna - abbiamo suggerito ed è stato accolto da parte dei promotori l’opportunità di concentrare la mostra su tre temi, poiché una rassegna monografica di Chersicla era stata realizzata a suo tempo al Museo Revoltella, poi c’è stato un ricordo al Museo nel 2013 quando era mancato. Tre argomenti che sono anche un po’ più curiosi: uno è il graffito, cioè il ripercorrere il coinvolgimento della città in questa creazione, che sarà testimoniato in mostra anche da un documentario; e nell’occasione riesporremo il grande fastigio di Palazzo Stratti, che Chersicla aveva ideato nel 1985 per Trouver Trieste, un pezzo molto scenografico che posizioneremo nella sala d’ingresso. Un altro tema è il teatro e saranno quindi esposti i bozzetti e tutto quello che Chersicla aveva creato per lo Stabile di Trieste e Il Piccolo di Milano, in parte conservato qui al Museo Teatrale, fatto che giustifica anche la scelta della sede. La terza parte è quella dedicata alle cartoline di viaggio, attraverso le quali verrà ricostruita una sorta di viaggio virtuale. Poi ci saranno anche le sculture che raffigurano la Bora e la nebbia, per significare le due città d’elezione di Bruno, Trieste e Milano, e quelle di Strehler e Svevo”.
«Ho prestato con molto entusiasmo per la mostra i video che riguardano il graffito di piazza Unità. – afferma Melitta Botteghelli, triestina, compagna da più di trent’anni di Bruno, che aveva conosciuto in casa di una concittadina a Milano il giorno dell’attentato ad Aldo Moro – E poi - aggiunge con entusiasmo – sono felice per il fatto che, in occasione della mostra, verrà stampato il libro, curato da me e da Mandelli, con le cartoline di viaggio che Bruno, grande viaggiatore, disegnava, incideva e tirava al torchio prima di ogni sua partenza, in tiratura limitata. Per poi portare queste piccole opere d’arte con sé e spedirle, durante il percorso, agli amici più cari da tutto il mondo».
«L’elemento più importante - sottolinea il figlio di Chersicla, Andrea - è rappresentato dalla celebrazione dei vent’anni dal graffito, che all’epoca coinvolse tutti i cittadini senza distinzione di ceto e di età: una cosa molto bella perché una qualità dell’opera di mio padre è quella di colpire chiunque, anche il non esperto e chi abitualmente non si avvicina all’arte. Quando infatti il visitatore si trova davanti a una sua scultura e inizia a interagire con essa, toccandola e scomponendola, ecco che si crea un legame molto personale e particolare, non riferito ad aspetti culturali ma a una percezione soggettiva dell’opera, per cui assistiamo una relazione immediata tra artista e fruitore». —
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