Quei disegni inediti di Pasolini ritrovati cercando le tracce della sua amicizia con Zigaina

Il progetto “In scena”, che parte venerdì alla Casa della musica di Cervignano ricostruisce il legame tra lo scrittore e il pittore con documenti, immagini, film
Di Mary B. Tolusso

di Mary B. Tolusso

Gli epistolari, le biografie, le carte, insomma i documenti che testimoniano i legami tra artisti destano sempre curiosità. Spesso non sono solo la prova di un'amicizia, ma divengono il cifrario di un'opera, un tassello in più per la documentazione di una poetica. Quella tra Pier Paolo Pasolini e Giuseppe Zigaina fu un'amicizia di lunga data, fondata su una naturale empatia, su comuni idealità estetiche e politiche. Elementi che, forse non a caso, eleggeranno Zigaina a essere scelto come Frate Santo, personaggio che confesserà sul letto di morte Ciappelletto, una specie di controfigura di Pasolini nel film "Decameron".

Il loro rapporto è di nuovo in primo piano con il progetto "Zigaina e Pasolini: in scena", curato da Francesca Agostinelli, una rassegna che tra esposizioni, cineforum e approfondimenti produrrà nel territorio un percorso cinematografico all'insegna dell'affinità di pensiero tra un grande pittore e un grande regista. Nel corso della ricerca sono spuntati inoltre disegni inediti di Pasolini (che saranno esposti ad aprile al Museo Revoltella di Trieste), spostando l'occhio dal set alle arti figurative. L'inaugurazione è prevista venerdì a Cervignano alla Casa della Musica, alle 18, con una mostra fotografica a cui seguirà la proiezione di "Decameron" e un'analisi di Luciano De Giusti. Una rassegna il cui collante tra i due artisti diviene il cinema. D'altra parte, a pochi giorni dal funerale di Pasolini, fu proprio Zigaina a ritrovare nel suo giardino la pellicola di "Salò", un lascito, quasi un monito. «L'idea del progetto nasce dal periodo di ascolto delle memorie di Zigaina che un giorno mi chiese di realizzare la sua biografia - dice la storica dell'arte Francesca Agostinelli -. Non abbiamo fatto in tempo, ma del cinema mi disse diverse cose che ora rilancio attraverso questa ricerca».

Cosa le raccontò Zigaina del cinema pasoliniano?

«Ritornava volentieri alla sua esperienza nel "Decameron", a "Medea", a Maria Callas, ma con uno sguardo esistenziale, non documentativo. Per lo più aveva interiorizzato questi personaggi all'interno di un paesaggio inevitabilmente mitico e affettivo».

Cosa aggiungerà questa rassegna al loro rapporto?

«Ci sono delle novità a livello documentativo sulla figura di Zigaina nel cinema di Pasolini. Attraverso Zigaina riusciamo a ricostruire alcuni anni cinematografici all'interno del territorio: tutti gli anni di Pasolini in laguna, gli anni del Festival Internazionale del Cinema di Grado, tra l'altro diretto dallo stesso Zigaina. Fu quella un'esperienza antesignana, per certi aspetti, anticipatoria di certi eventi culturali del territorio. Basti pensare che Zigaina portò a Grado il cinema muto e il cinema western. La rassegna mette a fuoco l'apporto del pittore al cinema pasoliniano, un contributo piuttosto importante».

In che altri modi?

«Per esempio in "Teorema", un film in cui Zigaina risulta solo consulente per le tecniche pittoriche. In verità tutti i grandi dipinti che troviamo nel set sono a opera del maestro e l'inquadratura in cui c'è una mano che dipinge, è la sua. Lui stesso mi raccontò come si svolgevano le cose nel set, era costantemente presente come dimostrano le foto che ho ritrovato nella cineteca di Bologna, non solo in "Teorema", ma anche in "Medea" e "Decameron". D'altra parte fu lui a far conoscere la laguna a Pasolini. Ci sono degli scritti bellissimi che narrano di quando in mezzo al silenzio dell'acqua il regista vide la casa del Centauro e decise di girare lì "Medea"».

Zigaina ha sempre sostenuto la tesi di morte pianificata, da parte di Pasolini. Il progetto affronta anche questa questione?

«Per niente. Io rovescio un po' il cannocchiale, propongo un nuovo modo di vedere le cose e cioè riscoprire quali sono i fatti, i dati reali dell'amicizia, senza sovrastrutture».

A proposito di fatti nel corso della ricerca sono emersi questi disegni inediti...

«Zigaina è stato uno dei primi estimatori del disegno di Pasolini. Studiando le fotografie presenti in archivio ho capito che Pasolini era un seriale. In alcune immagini per esempio a terra intorno a lui ci sono moltissimi disegni, ho capito che ne aveva prodotti parecchi e mi sono chiesta dov'erano finiti. Ho iniziato a indagare semplicemente interrogando le persone presenti nelle immagini, nei suoi scritti o quelle indicate nei racconti di Zigaina. In questo modo sono risalita ad alcuni inediti, come "Le due Marie", in cui una è la Callas e l'altra è Maria Zigaina».

Entrambi visionari, Pasolini e Zigaina, capaci di trasfigurare la realtà in una dimensione mitica. Secondo lei ci sono corrispondenze nelle rispettive opere figurative?

«È proprio il tema della mostra che si realizzerà il 16 aprile al Revoltella, cioè i due tipi di sguardi diversi sulla laguna di Grado: quello di Pasolini ravvicinato, attento alla materia. Quello di Zigaina diretto alla vastità, uno sguardo a volo d'uccello sulla laguna che infine si perde».

C'è anche la memoria di un importante progetto, quando Pasolini in polemica con il festival del cinema di Venezia, volle istituire un "controfestival" a Grado...

«Riuscirono a realizzare cose grandiose, chiamarono grandi registi, attori e critici cinematografici, personaggi come Francesca Bertini, Alida Valli, Sergio Leone e ci furono prime come "I racconti di Canterbury"».

Con quali altri?

«Per esempio per la prima volta verranno documentate con precisione le location di "Medea", come il paesaggio arso e lunare che Pasolini scovò alle foci dell'Auss, un fiumiciattolo di Cervignano che sfocia in laguna».

Cosa c'era in questi artisti di unico? Qual è stata la formula della loro irripetibilità?

«Un solido desiderio di come doveva andare il mondo. Sia Pasolini che Zigaina credevano nel futuro, possedevano una certa utopia che muoveva i loro passi creativi. Avevano delle visioni, sicuramente, ma anche una progettualità. Va detto che era un mondo più compatto, gli artisti erano quelli, si incontravano, avevano argomenti comuni. Ora è tutto più frantumato, siamo più liberi, ma è più difficile trovare una coesione, manca un progetto di futuro, mancano i grandi argomenti. Allora c'era il sogno di una cosa, oggi invece si dipingono le contrazioni del tempo, le variabili infinitesimali che non vanno da nessuna parte, insomma oggi è più difficile scegliere».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Il Piccolo