Quei “Fratelli” di Simone Marcuzzi
Donne solitarie, pensierose, sognatrici, donne dagli occhi grandi che svelano un complesso mondo interiore, questo il tema della mostra “Dentro me: Veneri Anatomiche”, personale di Shanti Ranchetti al Knulp visitabile fino al 26 febbraio. A cura di Paola Frausin e Nanni Spano, l’esposizione vuole essere una narrazione estetica dei molteplici aspetti della femminilità e delle varie epoche di essa. Shanti Ranchetti nasce a Milano dove si diploma in illustrazione alla Scuola d’Arte applicata all’Industria del Castello Sforzesco. Lavora come scenografa e decoratrice, dal 1999 si dedica interamente all’illustrazione e alla pittura. Collabora con numerose aziende tra cui Plasmon e Aprica e con varie riviste tra le quali Caffelatte e The End. I lavori della Ranchetti sono intimisti, esistenziali, non necessariamente drammatici mantenendo ugualmente una costante tensione emotiva di mutamento e intensa crescita. In qualche maniera c’è una reminiscenza della grande artista Frida Kahlo soprattutto nella descrizione del corpo dove la parte anatomica del tronco viene sostituita da paesaggi interiori dai colori intensi. La rappresentazione dei momenti di dolore, di gioia, di rinascita sono i luoghi delle riflessioni e delle stasi, dell’ascolto attento di un racconto che diventa scrigno interiore. Le figure vengono quasi sempre disegnate nella stessa posizione frontale, con il volto reclinato da un lato e con differenti tagli di capelli. Poi guidando lo sguardo al di sotto del collo si scopre un’apertura tipica delle statue anatomiche dei medici ma al suo interno non c’è ciò che ci si aspetterebbe: “Gli organi sono sostituiti dai sentimenti – dichiara Shanti Ranchetti in un’intervista – dalle emozioni, dalle paure. Non mi interessava disegnare una reale anatomia corporea volevo rappresentare invece ciò che proviamo”. I ritratti accolgono al loro interno uccelli, torri, cuori, lacrime, conchiglie, fiori, coltelli, note musicali, in una delicata rispondenza allegorica che rimanda ad una intensa ed accattivante visionarietà. L’artista con le sue opere pone in evidenza un’ambivalenza, una dualità della donna che non sempre viene percepita e tanto meno compresa. La minuziosità con cui delinea le figure viene esaltata dalla differenza tra colore e grafite nei due aspetti del soggetto: il volto e gli occhi, seppur grandi ed espressivi sono privi di intensità cromatica, dal petto al ventre invece si scatena una gamma di colori che delinea fortemente lo stato d’animo del soggetto trattato.
Giada Caliendo
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