Quel Ben Hur in Technicolor che bruciava gli attori

Girato nel 1925, costò la cifra astronomica di 4 milioni di dollari: stasera si proietta alle Giornate del Muto

PORDENONE. Il film più costoso di tutto il cinema muto torna sullo schermo questa sera alle Giornate di Pordenone: è “Ben Hur: A Tale of the Christ” di Fred Niblo (al Teatro Verdi alle 20.30), realizzato nel 1925. Lo spettacolare kolossal costò alla casa di produzione Metro-Goldwyn-Mayer 4 milioni di dollari: una cifra pazzesca se comparata al budget medio di un film del tempo, 160mila dollari.

In quanto a costi, insomma, “Ben Hur” fu il “Pirati dei Caraibi” degli anni Venti. Parte della spesa fu dovuta anche all’uso del colore che iniziava da quei primi titoli la sua rivoluzione sullo schermo grazie alla società Technicolor, che si appresta a festeggiare nel 2015 i 100 anni di pionieristica attività. «“Ben Hur” contiene nove spettacolari sequenze colorate, ma la Mgm ne avrebbe volute di più», afferma James Layton della George Eastman House di New York, curatore della retrospettiva che Le Giornate del Cinema Muto dedica quest’anno al Technicolor. «Per questo erano stati inviati dagli Stati Uniti a Roma e sulla costa di Livorno, dov’è stata girata parte del film, quattro cameraman e quasi tutte le macchine da presa disponibili per girare in Technicolor. La produzione durò due anni: tutto questo fece lievitare il costo del film».

Per le scene a colori in esterni non era sufficiente la luce solare: la troupe doveva utilizzare potenti fari che non permettevano agli attori di stare a lungo in campo, altrimenti si sarebbero scottati. «La produzione decise di terminare il film negli studi della California, ma salvò alcune riprese al Circo Massimo di Roma e di una battaglia navale girata a Livorno. “Ben Hur” ebbe grande successo ma non coprì gli elevati costi dovuti anche all’utilizzo del colore».

Lo stesso accadde anche a “The Black Pirate” di Albert Parker (in programma venerdì alle 20.30) con Douglas Fairbanks, che s’impegnò in prima persona a studiare con la Technicolor il look cromatico del film, ma gli incassi furono di poco superiori a quelli dei precedenti titoli col divo. «Oltre alla sperimentazione tecnica, Technicolor offriva agli studios anche un servizio per insegnare al regista e alla troupe quale trucco, luci o tinte di costumi utilizzare per ottenere più realismo», specifica Layton. Per 15 anni la società investì molto in sperimentazione senza guadagnare quasi niente: la rivoluzione del colore, però, era iniziata. Oggi il festival propone anche “I gufi delle caverne” (alle 23) interpretato dai genitori del grande regista Sergio Leone, Roberto Roberti e Bice Valeran. Il pomeriggio (dalle 16) è dedicato a “The Immigrant” di Charlie Chaplin e “The Boat” di Buster Keaton con accompagnamento musicale eseguito dagli studenti del pordenonese.

Elisa Grando

Riproduzione riservata © Il Piccolo