Steve Hackett a Pordenone «Così faccio rivivere i Genesis»

«Sono entusiasta di proporre per intero “Selling England by the Pound” che è il mio preferito tra tutti gli album dei Genesis. Quando uscì, nel 1973, catturò subito l’attenzione di John Lennon. In quel momento ho sentito che stavo suonando la chitarra nella migliore band al mondo e che si stavano aprendo le porte per noi».
Il tour di Steve Hackett “Genesis Revisited” fa tappa anche alla 28esima edizione del Pordenone Blues Festival: il leggendario ex chitarrista dei Genesis sarà al Parco San Valentino di Pordenone, martedì alle 21, accompagnato da Roger King (Gary Moore, The Mute Gods) alle tastiere, Craig Blundell (Steven Wilson) alla batteria, percussioni e voce, Rob Townsend (Bill Bruford) al sax, flauto e percussioni, Jonas Reingold (The Flower Kings) al basso e chitarra, Nad Sylvan (Agents of Mercy) alla voce. «È sempre una gioia esibirsi per il pubblico italiano – riprende Hackett – caloroso e entusiasta. Nel vostro paese c’è un’atmosfera formidabile, con così tanta storia e cultura dietro, e poi gente splendida, cibo e vino. Amo molti compositori italiani da Puccini a Verdi fino agli artisti come Zucchero e le band come il Banco e Pfm».
La scaletta di Pordenone?
«Suonerò per intero “Selling England by the Pound” dei Genesis con l’aggiunta della canzone “Déja Vu” , scritta (la prima parte proprio ai tempi di “Selling England” ) da Peter Gabriel e me. E poi ci sarà spazio per canzoni tratte dai miei album solisti “Spectral Mornings” e “At The Edge Of Light”».
Cos’ha reso “Selling England” speciale?
«La qualità di scrittura, con canzoni originali eccezionali che coinvolgono diversi elementi musicali».
Gli inizi dei Genesis?
«Tempi di grande magia in cui si mettevano le basi per i passi successivi. Una giovane band pronta per grandi esperienze».
I pro e i contro di una carriera solista?
«In un gruppo, ci sono idee che arrivano da persone differenti e pescano da un’ampia gamma di influenze: a volte può essere dispersivo. Da solista la musica non è compromessa e l’artista è libero di seguire la sua visione».
Del suo ultimo disco solista cosa può dire?
«Sono orgoglioso di “At The Edge Of Light” , che include influenze da tutto il mondo e artisti e strumenti da paesi e culture diverse».
L’obiettivo delle sue canzoni?
«Adoro quando le persone si dicono ispirate dai miei pezzi. Mi sento un ambasciatore di pace e armonia e voglio celebrare il meglio di ogni cultura».
La sua giornata tipo?
«A casa passo molto tempo a registrare. In tour, le giornate sono fatte di viaggio, interviste, soundcheck, incontri con il pubblico e tre ore di concerto: non rimane altro tempo. Se per caso ho un day off, ne approfitto per un bel giro, in Italia ci sono posti sensazionali da visitare».
Il momento più duro?
«Affrontare le incertezze degli esordi e cominciare da zero come solista. Per fortuna è andata bene. La gioia più grande è stata fare musica speciale e lavorare sempre con grandi musicisti, dai Genesis a Chris Squire e John Wetton».
Pensa già a un nuovo disco?
«Ho cominciato anche a registrarlo e promette molto bene». —
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