Un colpo di pistola contro l’ingegner Pichler così l’operaio Zanier “giustizia” il capo aguzzino

la storia
pierpaolo martucci
“Sia felice per la Patria l’anno che comincia oggi e sia felice per voi tutti”. Così, il primo gennaio 1914, iniziava il pezzo titolato “Capodanno” nella pagina locale de Il Piccolo del mattino; mai forse un augurio si rivelò più fallace. E scorrendo le cronache cittadine di quell’anno, colpisce la frequenza di gravi fatti (uccisioni, ferimenti, suicidi, violenze) che segnano i mesi che precedono i “cannoni d’agosto”, quasi un fremito tellurico che anticipa il grande terremoto.
Un delitto spicca fra tutti, perché è commesso nel centro strategico del porto, lo Stabilimento Tecnico Triestino a Sant’Andrea. Al tempo lo Stabilimento, proprietario del Cantiere San Marco, è il più grande complesso di costruzioni navali dell’Impero, specializzato in naviglio militare: nel 1910 ha varato le corazzate Viribus Unitis e Tegethoff. Il reparto macchine ne è il cuore pulsante, ma da tempo i rapporti con le maestranze sono peggiorati. Per trent’anni le officine erano state dirette dall’ing. Hermann, un triestino assai benvoluto dai dipendenti che nel 1911 viene sostituito da un viennese, “celibe, di 36 anni”, il capo ingegnere Giovanni Pichler, che non risulta altrettanto popolare. I sistemi da lui introdotti, come commenteranno i cronisti, “suscitarono, è un fatto, il malcontento fra gli operai”: pochi giorni di malattia o l’aver passato i 50 anni sono motivi per non riassumere un dipendente, essere sorpresi a fumare basta per una pesante sospensione, non si concede ai più giovani l’uscita anticipata per usufruire delle scuole industriali. I sovrintendenti, per evitare il licenziamento, si adeguano esercitando “un opprimente aguzzinaggio” sui sottoposti.
Dal marzo del 1913 iniziano proteste organizzate, cui l’azienda risponde con la serrata, ma Pichler non cambia la sua linea. Un testimone commenterà: “era un uomo che correva da solo alla sua rovina”. La crisi precipita la mattina del 12 febbraio quando “l’operaio meccanico Giovanni Zanier, fu Carlo, di 34 anni” viene fermato all’ingresso dello stabilimento dal capo guardiano, che lo avverte che non può accedere all’officina perché “Ghe xe un biglieto de la Direzion. La devi spetar el capo ingegner Pichler”. Come narra l’articolo del Piccolo, Zanier si mette al lato del portone e ai compagni che passano dice “Speto. Speto la mia sentenza”. Verso le 7.30 arriva l’ing. Pichler, che lo apostrofa “Dunque, cosa xe con lei?” – “Anca mi” – risponde l’altro – “domando cossa xe con mi. Qua che vol distrigar sta fazenda, andemo su”. I due si avviano agli uffici della direzione, a loro si unisce il capo officina: non immaginano che la “fazenda” stia per prendere una piega tragica. Mentre il direttore apre un registro, improvvisamente “lo Zanier (…) cacciò la mano destra nella saccoccia della giubba e, levata una rivoltella Browning, cominciò a sparare all’impazzata”.
Pilchler fatti pochi passi cade bocconi: un proiettile ha leso il polmone e il cuore, morirà poco dopo. L’operaio fuggito per la porta principale riesce a raggiungere l’aperta campagna “dileguandosi rapidamente”. L’inchiesta del Piccolo mostra che Zanier non era un manovale qualunque: “stimato dai colleghi (…) non disertava il lavoro per oziare ma per dedicarsi alle letture; voleva imparare molto (…) aiutava in ogni contingenza altri ch’erano in miseria. Taciturno, non vizioso, però ribelle alle cose che riteneva malfatte”.
Ha un’eredità pesante: la madre morta tisica, il padre di carcinoma, uno zio deceduto in manicomio. Nelle perquisizioni a casa della sorella la polizia rinviene diversi opuscoli anarchici e un “decreto di sconfessionamento”, la rinuncia alla religione cattolica. Il delitto desta grande emozione in città, ma le ricerche del fuggiasco non danno esito. Il 20 maggio un trafiletto riferisce del suo possibile arresto nell’isola di Corfù, tuttavia nei giorni successivi la notizia non troverà alcuna conferma.
E il 28 giugno, a Sarajevo, un altro giovane imbevuto di idee rivoluzionarie sparerà per vendicare un’oppressione, usando lui pure “una rivoltella Browning”, come riporta l’edizione straordinaria del Piccolo. Dopo tutto sarà travolto, anche la memoria di Giovanni Zanier e della sua personale vendetta sociale.
(le precedenti cronache giudiziarie e di nera sono state pubblicate il 16 dicembre, 29 settembre, 28 aprile e 4 febbraio 2019 e il 25 settembre e 9 luglio 2018) —
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