Un triestino alla guida degli Incroci di civiltà «Puntiamo sull’ambiente»

Flavio Gregori, docente di Letteratura inglese, dirige il festival veneziano che si svolgerà in autunno con alcuni dei più grandi nomi della letteratura internazionale  
Corrado Premuda

l’intervista



Nato nel 2008 a sessant'anni dalla dichiarazione universale dei diritti dell’uomo promossa dall’Onu, “Incroci di civiltà” è un festival di letteratura internazionale ideato dalla Facoltà di Lingue e Letterature Straniere di Ca' Foscari che il Comune di Venezia, insieme all'ateneo, ha appoggiato fino a farlo crescere edizione dopo edizione. Il nome è una risposta implicita a un acceso dibattito sui cosiddetti scontri di civiltà che in una città come Venezia, con una storia millenaria di crocevia di popoli e lingue e con le sfide complesse che si trova ad affrontare oggi, diventa riflessione costruttiva sulla comprensione delle diversità culturali.

Il festival da quest'anno è diretto dal triestino Flavio Gregori, docente di Letteratura inglese, e in attesa della nuova edizione programmata per l'autunno si tengono intanto on line, sul canale Zoom dell'università veneziana, incontri dedicati alla figura del traduttore nel contesto editoriale e culturale italiano. Al nuovo direttore chiediamo qualche anticipazione sulla prossima rassegna autunnale. «Si tratterà - racconta Flavio Gregori - di una ripartenza: l’edizione del 2020 non s’è potuta tenere a causa della pandemia. Quest’anno abbiamo deciso di spostare Incroci di Civiltà in autunno per poterlo fare in presenza, per poi ritornare alla primavera nel 2022, come consuetudine. Contiamo sul fatto che quest'autunno ci sarà una ripresa cauta ma decisa della vita normale che ci permetta di programmare un’edizione il più possibile in linea con quelle precedenti, con gli autori sul palcoscenico e il pubblico in sala».

In quest'epoca di pandemia il pubblico si sta abituando ad incontri ed eventi on line. Prevedete una formula mista per il festival con il pubblico ma anche il web?

«L’anno scorso abbiamo offerto una piccola edizione online, Incroci di civiltà 12 e 1/2, le cui conversazioni si trovano sul canale YouTube dell’Università Ca’ Foscari. L’edizione del 2021 sarà il più possibile dal vivo, tenendo conto degli obblighi sanitari vigenti in quel momento. Il fine primo degli incontri è quello di dare al pubblico l’occasione di sentire e incontrare di persona gli autori, quindi la formula sarà il più possibile basata sulla presenza viva degli autori. Il web fungerà da supporto per ovviare a eventuali difficoltà o restrizioni dovute alle contingenze che affronteremo in quel periodo».

Venezia è una delle città italiane che sta soffrendo di più le restrizioni legate al Covid-19. Questo momento può rappresentare una pausa di riflessione per reinventare la città?

«Certamente: è un dovere delle istituzioni culturali locali contribuire a considerare Venezia in modi diversi da quelli della monocultura turistica che ha dominato negli anni passati. Anzitutto Venezia deve ricominciare a pensare ai propri cittadini, che sono drammaticamente diminuiti nel corso degli anni. Senza i suoi abitanti, la città rischia di diventare un bellissimo fondale privo di corpo e anima. L’Università Ca’ Foscari, che insieme al Comune promuove Incroci di civiltà, può aiutare a catalizzare le molte realtà che sono in grado di pensare per e con i cittadini veneziani. Altro tema che deve essere oggetto di riflessione è la sostenibilità ambientale e sociale: l’unicità di Venezia può costituire un punto di partenza importante per progettare una città veramente sostenibile, anche con un supporto internazionale. In caso contrario, le stesse caratteristiche di Venezia, che costituiscono il suo vanto ma anche la sua fragilità, non reggerebbero all’urto dei cambiamenti climatici e sociali».

Da docente di letteratura e traduttore quali autori le piacerebbe ospitare?

«Tra i primi che mi vengono in mente, un po’ alla rinfusa, ci sono Jonathan Safran Foer, Olga Tokarczuk, Herta Müller, Zadie Smith, Javier Cercas, Kazuo Ishiguro, Louise Gluck, ma l’elenco sarebbe lungo. In verità, oltre che dalle personalità letterarie più affermate, Incroci di civiltà è fatta soprattutto da scrittori e scrittrici forse meno celebri ma di grandissimo spessore culturale e letterario, che i docenti delle tante letterature straniere insegnate a Ca’ Foscari ci aiutano a far venire a Venezia e conoscere al pubblico. Il festival infatti vuole essere un luogo di confronto fra tutte le civiltà del pianeta, coinvolgendo anche quelle realtà più periferiche e meno note che spesso hanno molto da insegnare a tutti noi».

Sul fronte letterario a Trieste sono nati gli appuntamenti di Lets e si lavora al futuro Museo della Letteratura. Qual è il suo sguardo in merito da triestino a distanza?

«Vista da fuori, mi sembra un’iniziativa meritoria. Trieste deve la sua identità e riconoscibilità anche alla propria letteratura, che nel tempo ha avuto, e continua ad avere, esponenti di grande valore e prestigio. È bene che Trieste coltivi la sua composita identità letteraria di frontiera, per riprendere il titolo del fondamentale saggio di Angelo Ara e Claudio Magris. La cura di questa identità può aiutare a mantenere vivo e sano quell’equilibrio fra le sue diverse componenti sociali, culturali e linguistiche, che è il perno fondamentale della sua civiltà e di ogni civiltà».



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