
Un viaggio pop nella libertà per Luigi Einaudi: dai Queen a Platone, lo spettacolo al Rossetti è aperto a tutti
Appuntamento mercoledì alle 10.30 al Politeama di Trieste. Inviti agli studenti delle superiori e ingresso libero per tutti. Musica dal vivo, riferimenti al rock e alle serie tv. Il Piccolo è partner dello show
All’inizio si guardano intorno con la curiosità un po’ distratta di chi entra in un luogo che non sente ancora suo. Zaini in spalla, sguardi che vagano tra le luci del palco, un brusio che copre i pensieri. Si siedono. Buio in sala. Poi accade qualcosa. Un brano dei Queen, una scena di Black Mirror, una parola di Platone detta a voce alta. La benefica trasversalità della cultura pop, un magnete formidabile che esercita attrazione sulle emozioni di ragazze e ragazzi. E il teatro cambia forma. Diventa specchio, campo di gioco, rivelazione.
Li vedi arrivare distratti, li vedi uscire cambiati e anche entusiasti.

È una metamorfosi che si ripete e che si tocca con mano, raccontano i responsabili della Fondazione Einaudi e di Popsophia. All’inizio il pubblico giovane sembra distante, ma basta un’ora perché l’attenzione diventi energia. Lo stupore si allarga, la mente produce suggestioni, idee, stimoli. Escono carichi, divertiti, consapevoli. «È il più bel premio per il nostro lavoro» dicono ideatori e organizzatori, con la soddisfazione di chi sa che conquistare i ragazzi a teatro è come vincere una coppa europea: serve fatica, visione e un pizzico di imprevedibilità.
“Il mio canto libero. L’eredità di Luigi Einaudi” andrà in scena al Rossetti di Trieste mercoledì 22 ottobre, alle 10.30: orario per gli studenti, ma l’ingresso è libero, gratuito, aperto a chiunque. Il titolo è una dichiarazione d’intenti: il canto, cioè la voce; la libertà, cioè la responsabilità di usarla.
“Chi vuole davvero la libertà?”
si chiedeva Luigi Einaudi nel 1948, sulle pagine del Corriere della Sera. Una domanda che ritorna ora, nel tempo dei social e dell’intelligenza artificiale, quando la libertà sembra insieme più accessibile e più fragile di sempre.

Dai Dialoghi di Platone alle atmosfere distopiche di Divergent, dai Queen a Lucio Battisti, lo spettacolo, con un tono pervicacemente virtuoso intreccia musica e filosofia, democrazia antica e modernità digitale. È un viaggio nel pensiero, ma anche nell’istinto di chi lo guarda. Come si è trasformato, nel corso dei secoli, il desiderio di libertà? Le nuove tecnologie possono diventare strumenti di emancipazione, o di controllo? Dal cinema alla musica, dalle serie tv alla letteratura, sul palco si attraverseranno i linguaggi del nostro tempo per interrogarci sulla libertà. E insieme al suo volto luminoso – il progresso, la connessione, la possibilità – vedremo anche l’ombra: quella delle nuove dipendenze che abitano le nostre vite digitali.

Interverrà Andrea Cangini, giornalista (ex direttore del Resto del Carlino e del Tempo) ed ex senatore, è dal novembre 2022 Segretario generale della Fondazione Luigi Einaudi. Popsophia, con la direzione artistica di Lucrezia Ercoli, ha costruito una produzione inedita che unisce lectio, riflessione critica e contaminazione intellettuale. “Fate i collegamenti”, dicono a scuola, per simulare un’esistenza nella quale non ci saranno compartimenti stagni.

Sul palco, le parole di Einaudi dialogano con I Want to Break Free dei Queen e con What Was I Made For? di Billie Eilish, colonna sonora di Barbie; con Orwell e 1984, con Dostoevskij e i Fratelli Karamazov, con le immagini taglienti di Black Mirror. Tutto convive in un mosaico emotivo e intellettuale che trasforma la filosofia in ritmo, la teoria in canto.
«La libertà — spiega Lucrezia Ercoli — non è una conquista stabile, ma un desiderio. Deve restare attivo, come bussola delle nostre azioni individuali e collettive. È il diritto di dissentire, di criticare, di cambiare idea. Senza dissenso, la democrazia si spegne». La libertà come conquista e come mantenimento. La libertà che è inquietudine.

L’ensemble musicale Factory accompagna le parole con suoni che diventano scenari. Frammenti di film, di vita, di memoria. Come lampi. Riccardo Minnucci firma la regia, intrecciando musica, videomontaggi e performance in un linguaggio che parla ai ragazzi nella lingua del loro tempo, fatta di immediatezza e di ritmo.

Einaudi diventa così un compagno di viaggio. Il suo pensiero economico e politico, la sua idea di libertà come esercizio e non come privilegio, vengono portati in scena con una leggerezza non banale. Essere liberi significa rischiare anche di sbagliare. È un messaggio che attraversa il progetto: la libertà come movimento, come respiro, come possibilità di dire no quando tutto intorno dice sì. La libertà come opzione da attivare. Perché ogni società chiusa genera incubi totalitari, ricordava Popper, e la storia lo ha dimostrato più volte.

Lo spettacolo prolunga l’Anno Einaudiano e parla ai giovani, agli studenti delle superiori, ma in realtà riguarda tutti: chi crede ancora nella democrazia come lavoro quotidiano, soprattutto. Fare la democrazia è un verbo che si coniuga al presente. È in uno show che usa la musica pop e i riferimenti alle serie tv, che la lezione di Einaudi si rinnova. Essere liberi non basta. Bisogna meritarselo, ogni giorno. —
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