Vita straordinaria di Molly Buck diva sul viale del tramonto

Nell’esordio letterario di Vito di Battista un’indagine e una riflessione sui limiti fra verità e menzogna e sulla fragilità della memoria



Ci sono incontri che segnano una vita. Quello con Molly Buck, enigmatica e affascinante attrice sul viale del tramonto, non può lasciare indifferenti. Il compito, una volta avuto accesso alle memorie e alla casa della diva americana trasferitasi a Firenze, è indagare i misteri di un'esistenza sopra le righe e tentare di tramandarli per tenerne vivo il ricordo, consapevoli che in agguato c'è un pubblico sempre affamato di notorietà e scandali. È ciò che capita al protagonista del romanzo “L'ultima diva dice addio” (SEM, pagg. 214, euro 15), felice esordio narrativo di Vito di Battista: un giovane per caso s'imbatte in Molly Buck, attrice che al culmine della carriera abbandona il cinema e cerca volontariamente l'oblio, e ne diventa il confidente e il biografo. Molly Buck è una donna straordinaria, qualsiasi cosa pur banale faccia agli occhi degli altri diventa un miracolo. Ma dietro ai riflettori sono molte le pagine oscure del suo passato che celano anche il motivo del prematuro ritiro, un'indagine che il giovane amico conduce prima destreggiandosi tra la verità e le menzogne del racconto di Molly e, dopo la morte della diva, con alcuni testimoni del suo passato. Pur essendo Molly Buck un personaggio di fantasia, l'ispirazione per la storia parte da un episodio reale.

Dice di Battista: «L'idea è nata da un pomeriggio in cui ero seduto di fronte a un ospedale ad aspettare una mia amica mentre faceva una visita. In un qualche strano modo, il resto è venuto da sé. In realtà, credo sia nata soprattutto dalla voglia di provare a capire come una vita intera possa essere raccontata per sottrazione, riducendola ai minimi termini. E la vita di una donna che ha attraversato lo splendore e gli abissi della fama – e che, dopo aver recitato per decenni, decide di recitare un’ultima volta per interpretare se stessa – è stata la scelta più spontanea». Se nel libro compaiono riferimenti a grandi star del Novecento e celebri canzoni danno il titolo ai capitoli, l'autore assicura che Molly Buck è pura invenzione letteraria: «Anche se può sembrare strano, non mi sono ispirato a nessuno in particolare. Volevo che risultasse un personaggio verosimile più che ricordare una diva realmente esistita. Molly è nata sommando varie influenze, in alcuni casi cinematografiche o legate al divismo, in altri molto più personali e lontane dallo star system. Nella mia testa, la immagino un po’ come un incrocio fra Simone Signoret e Judi Dench, ma il collo di volpe che conserva nascosto nell’armadio è quello della mia bisnonna, così come è mia nonna che tiene ordinate le sue vecchie fotografie nella scatola di un corredo matrimoniale». Un personaggio dalle molte sfaccettature, costruito con grande perizia narrativa e sensibilità, che tra realtà e finzione l'autore sceglie di »difendere dall'orribile mutilazione che è la memoria umana». —



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