Vivere all’ombra del Vesuvio aspettando la prossima eruzione
Il Vesuvio è considerato dagli esperti il vulcano più pericoloso d'Europa, non perché non ve ne siano tanti altri attivi e che ogni tanto esplodono, come quelli islandesi, che nel 2010 oscurarono i cieli del nord Europa fermando la circolazione aerea del continente, ma perché è oggetto di una ininterrotta «conurbazione», come la definiscono gli urbanisti. Non si tratta infatti di città, e non è periferia, ma un territorio di decine di paesi con una delle più alte densità abitative del mondo. Appare allora un fatto chiaramente apotropaico, o più semplicemente scaramantico, che su quelle pendici ci siano decine di fabbriche di quei fuochi artificiali non a caso tanto amati dai napoletani, che, oltre al Vesuvio a est, hanno a ovest altri due vulcani attivi, la caldera dei Campi Flegrei e Ischia. Nonostante la storia ci ricordi varie e devastanti eruzioni, da quella del 79 d.C. che seppellì Pompei e Ercolano all'ultima del 1944, l'abitare e lavorare in un luogo che potrebbe esplodere da un momento all'altro non ha mai spaventato la gente di quei luoghi che vi è tornata dopo ogni colata lavica e pioggia di ceneri, a cominciare dagli stessi antichi romani, che vi costruirono ville e vi ripresero coltivazioni. È questa situazione e forse ancor più il fascino di questo monte, con la sua insopprimibile vitalità della gente e quello delle catastrofi che ha provocato nei secoli, ad aver spinto la giornalista e antropologa Maria Pace Ottieri a confrontarsi e indagare quella storia e quella realtà tanto sconcertanti nel libro «Il Vesuvio universale» (Einaudi, pagg. 280, Euro 19,50). Ricostruendo situazioni e eruzioni, interrogando scienziati e comuni abitanti, ma anche facendo scoperte curiose, come il fatto che dal paese montano di Somma Vesuviana, non da oggi, ma da inizio Novecento, transita e viene lavorato dai baccajuoli locali l'80% delle diecimila tonnellate di baccalà e stoccafisso che arrivano in Italia ogni anno dai paesi scandinavi, creando un ponte economico e culturale tra Somma e le isole Faroer e Loften. Un libro sorprendente quindi per alcuni versi e coinvolgente per esempio per le ricostruzioni accurate e ben descritte delle principali eruzioni. Con il vulcano si convive insomma, anche quando si fa sentire , praticamente dimentichi della sua esistenza o almeno della sua pericolosità. «Il vulcano allena i suoi abitanti a vivere in una vacillante realtà sempre sull'orlo della dissolvenza, della metamorfosi, a riempire il vuoto al centro, il cratere della vita di ognuno, con l'immaginazione, trovando nell'invisibile il senso più vero dell'essere al mondo». Il problema è che da ormai decenni si discute di come aprire strade di fuga e organizzare evacuazioni, ma senza mai arrivare a vere soluzioni concrete. —
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