Bezos a Venezia, l’esperto: «Non è lui il problema. Il vero dolore è l’overtourism di tutti i giorni»
Il docente Jan Van Der Borg: «Eventi come le nozze portano soldi e immagine, ma non cambiano nulla. Il turismo morde la città ogni giorno, servono politiche nuove»

I tre giorni di nozze Bezos-Sanchez, di cui si è parlato in tutto il mondo, hanno rispolverato una volta in più il dibattito sul presente e sul futuro della città, da un lato destinata a diventare sempre più città location di eventi esclusivi e di richiamo internazionale e, dall’altra, in affanno con i numeri crescenti del turismo.
Per Jan Van Der Borg, docente di economia del turismo a Ca’Foscari e tra i massimi esperti delle dinamiche turistiche veneziane, però l’analisi da compiere è più ampia. E richiede un confronto, anno dopo anno, con quello che succede nell’arco dei dodici mesi più che un focus sugli impatti di eventi di lusso come quello delle nozze a cinque stelle appena ospitate in laguna: «È un errore attaccare Bezos come simbolo dell’overtourism. Capisco chi si lamenta, ma penso sia dovuto più che altro ad una frustrazione rispetto all’inerzia ad affrontare il problema vero e proprio, che si manifesta nel dolore logorante dovuto all’oppressione turistica che si vive tutto l’anno».
Professore, da anni si denuncia il problema del numero eccessivo di visitatori e l’obiettivo di puntare forte sul turismo di qualità, di cui un evento come quello appena ospitato è l’apoteosi. Tutto ciò può essere davvero funzionale per Venezia?
«Non credo che queste nozze siano un sintomo di overtourism che impatta sul degrado che Venezia sta vivendo da decenni, per il quale non ci sono politiche dirompenti in grado di migliorare la situazione. Attaccare Bezos per questo motivo è un errore».
Che queste nozze possano fare da apripista per altri personaggi famosi? Già si parla di Bill Gates...
«Sono sicuro che il “weeding tourism” possa essere una forma di turismo di qualità, se fatto in un certo modo, e relativamente innocuo per lo svolgimento della vita quotidiana dei cittadini, perché tutto sommato avviene in luoghi periferici come successo a Bezos, che non impatta sulla vita dei cittadini. È un turismo di qualità che porta tante risorse economiche e finanziarie, contribuisce anche in termini di reputazione e brand. In passato Woody Allen e Clooney, ora forse qualcuno si aggiungerà. Ma non sarà certo questo a sconvolgere qualità e quantità dei visitatori a Venezia».
Eppure con i Bezos, le proteste non sono mancate.
«Capisco chi si lamenta, ma penso sia più una frustrazione rispetto all’inerzia di alcune amministrazioni, compresa quella in carica, nell’affrontare il problema overourtism rispetto alle esigenze dei cittadini che non lavorano con il turismo».
Le contestazioni sono finite nei giornali di tutto il mondo. Bene o male, purché se ne parli: può valere lo stesso concetto anche per Venezia?
«Ci sarà sicuramente un ritorno di immagine per la città. Non so come abbiano fatto gli attivisti ad attirare così tanta attenzione, sembrava un campo di battaglia tra residenti e Bezos. Venezia era già e sarà sempre un luogo dove la gente vorrà celebrare la giornata più importante della vita».
Quali sono gli aspetti positivi, e quali i negativi, che portano eventi come questo?
«In primis la ricaduta economica. C’è anche un impatto durevole sul fascino che Venezia continua ad avere per molti per i cittadini del mondo. Il che spesso porta anche a grandi investimenti pubblici. L’aspetto negativo è che eventi di uno o pochi giorni è l’assenza di un effetto dirompente per tutto l’indotto cittadino. Credo comunque che la città possa reggere il “breve dolore”, acuto ma di poca durata. Quello che è molto più difficile da sostenere a Venezia sono i dolori logoranti che si vivono tutto l’anno, legati ad una saturazione che crea disagi costanti. La battaglia contro overtourism la stiamo perdendo, serve una nuova strategia. Ma focalizzarsi sui tre giorni di Bezos è una stupidata».
Ma non trova, come dice qualcuno, che eventi come questo arricchiscano sempre le stesse categorie e che, in fin dei conti, Venezia viva dello stesso veleno che la uccide?
«Vero che porta soldi alle solite categorie, ma vale per tutti questi tipi di eventi. Ma attenzione, non è da combattere il turismo tout court, bisogna trovare il giusto equilibrio tra il turismo e tutto il resto dell’economia di una destinazione. In questo caso, il bilancio è tutto sommato in attivo. Il fatto che settore turistico è ormai unico segmento economico competitivo e redditizio in città non è certo colpa di Bezos. Quali altre attività possono venire a Venezia ed essere competitive? Non è facile. La Biennale è un esempio. È vero, comunque, che c’è una sorta di paradosso nell’ospitare eventi come questi, le cui ricadute sono destinate a normalizzarsi nel giro di pochi giorni».
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