Cecchettin a Gorizia: «Sul passato non c’è modo di agire ma possiamo fare tanto per il tempo che verrà»
Il papà di Giulia protagonista al teatro Verdi di Gorizia con il suo libro
«La fondazione, le iniziative: l’unico modo di tenere in vita mia figlia»

Dire più spesso “ti amo” ai propri cari. Pensare a ciò che possiamo fare per migliorare il futuro. Godere ogni attimo della vita, con felicità, nonostante tutto.
Sono lezioni che fanno bene al cuore. Quelle che Gino Cecchettin ha imparato da sua figlia Giulia, uccisa dall’ex fidanzato Filippo Turetta l’11 novembre dello scorso anno. Lezioni che Cecchettin ha raccolto nel libro “Cara Giulia. Quello che ho imparato da mia figlia”, scritto con Marco Franzoso e pubblicato da Rizzoli, e che ha raccontato ieri (mercoledì) sera al Teatro Verdi di Gorizia, come sta facendo in tante altre città italiane per promuovere una cultura del rispetto e contrastare la violenza.
Lo ha fatto nell’ambito della settima edizione del festival “AlienAzioni” promosso da Gorizia Spettacoli, che ha riempito il teatro di tantissimi giovani, oltre che di insegnanti e genitori che non hanno potuto non sentirsi più vicini a Cecchettin.
Accolto da un lunghissimo e commosso applauso, e subito dopo da un abbraccio (irrituale magari ma così umano) dell’assessore Patrizia Artico che ha dialogato con il papà di Giulia sul palco. Insieme hanno ripercorso i momenti terribili di dodici mesi fa, ma soprattutto – perché è su questo che Gino Cecchettin fonda la sua “missione” – ciò che Giulia ha lasciato. «Il libro e queste serate sono il mio gesto d’amore per lei – ha detto Gino -. Perché è importante. Oggi dico sempre ai miei figli “ti amo tanto”, e lo faccio ogni giorno anche pensando a mia moglie e a Giulia».
Non c’è rabbia nelle parole di Cecchettin, nel suo tono di voce sempre pacato, nemmeno quando parla di Filippo Turetta. «Sono riuscito a togliere i sentimenti negativi dalla mia vita, capendo che avrebbero fatto più male a me che agli altri – ha spiegato -. A me, padre che ha vissuto un’esperienza terribile, non spetta dire quale pena deve toccare a Filippo Turetta o a chi commette gli stessi reati. A me sta fare qualcosa perché certi episodi non accadano».
È un uomo che ha attraversato il dolore e con esso convive inevitabilmente, Gino Cecchettin, ma da questo percorso ha avuto la forza (così come i suoi cari, ha ricordato) di uscire migliore. «Ho capito che sul passato non possiamo intervenire - nulla cambierà - ma piuttosto possiamo fare tanto da oggi in poi, per il tempo che deve venire», il suo messaggio: «E allo stesso modo abbiamo il dovere di vivere nel modo migliore possibile, godendo di ogni momento, perché non è scontato poterlo fare. Non per tutti».
Di qui l’impegno sociale che sta affiancando al suo lavoro da informatico ed elettronico. «Finalmente è nata la fondazione che abbiamo fortemente voluto per aiutare le donne vittime di violenza – ha raccontato Cecchettin -: lavoreremo con le associazioni e le istituzioni, l’appello che lanciamo è quello di proporci progetti da condividere. E poi abbiamo l’ambizione di poter entrare nelle scuole per inserire ore di educazione all’affettività, far capire ai giovani che la vita è relazione, rispetto».
Ma lo sforzo di Gino Cecchettin – e il pubblico goriziano lo ha capito, commuovendosi e offrendo parole cariche di gratitudine prendendo la parola a fine serata – è soprattutto quello di lasciare dei messaggi positivi. Quelli che erano propri di Giulia. «Fisicamente lei non c’è più, ma tutte queste testimonianze, queste iniziative, sono l’unico modo per mantenerla viva – ha concluso Cecchettin -, e come papà di una figlia straordinaria non posso che essere orgoglioso di lei». —
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