Clima, il monito di Mercalli: «Pure il Nord Est rischia: non si costruisca più»

Dopo la devastante alluvione a Valencia il noto climatologo analizza come affrontare i pericoli: «L’obiettivo zero morti è possibile. Più risorse per la Protezione civile, servono esercitazioni»

Valeria Pace
Luca Mercalli
Luca Mercalli

Valencia è in ginocchio, in tv scorrono le immagini delle auto accatastate e del fango e si ascoltano i racconti da brivido dei sopravvissuti. Potrebbe accadere anche qui? Luca Mercalli, climatologo noto al pubblico soprattutto per le sue apparizioni televisive a Che tempo che fa, è convinto che sebbene il Nord Est – così come tutta l’area del Mediterraneo – sia esposto al rischio alluvioni, che saranno sempre più frequenti man mano che il cambiamento climatico diventa più impattante, è possibile arrivare all’obiettivo che questi eventi estremi non causino più vittime.

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Cosa è successo in Spagna?

«Una precipitazione intensa, un fenomeno temporalesco protratto in cui sono caduti 490 millimetri di acqua – per intenderci quello che cade in un anno in certe zone della Puglia o della Sicilia. È scontato ci sia un’alluvione con questo tipo di precipitazioni. Poi è accaduto in una grande città, e anche qui è scontato che la quantità di vittime sia maggiore. Aggiungiamo poi che la Protezione civile ha dato l’allarme – da quanto si legge sui giornali spagnoli – con più di otto ore di ritardo e che è arrivata l’allerta rossa solo quando la gente stava affogando... Intendiamoci, non è che l’alluvione in Emilia-Romagna sia stata tanto diversa, ha fatto 17 morti ma ne poteva fare tranquillamente cento. C’è stato un grande lavoro della Protezione civile».

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Siamo esposti al rischio alluvioni anche qui, a Nord Est?

«Tutta la zona del Mediterraneo è esposta, e a turno le alluvioni prenderanno un po’ tutti. L’abbiamo visto in Romagna, poi in Piemonte e Val d’Aosta a fine giugno, in Liguria pochi giorni fa… La lista completa è lunghissima».

Che cosa possiamo fare per difenderci?

«Possiamo potenziare la Protezione civile, informare di più le persone, fare le esercitazioni. Arrivare a zero morti in caso di alluvioni è un possibile con l’evacuazione preventiva. Guardi cosa hanno fatto negli Stati Uniti con l’uragano Milton. Certo la prevenzione può fare poco per i beni immobili, come infrastrutture e case. In Italia c’è un territorio molto abitato, con abitazioni costruite in zone vulnerabili. I danni fisici rimarranno. Certo, si possono mettere in atto dei correttivi, come argini e casse di espansione, ma solo in pochi punti. Quello che è sicuro è che in futuro questi eventi si ripeteranno, e più frequentemente: il cambiamento climatico amplifica le piogge estreme. Ora occorre una legge contro il consumo di suolo, per non costruire più nulla di nuovo».

Che legame c’è tra le alluvioni e il cambiamento climatico?

«Oggi è il 31 ottobre, cinquant’anni fa c’era la brina, ora siamo in maniche corte... Le estati sempre più calde e lunghe fanno accumulare tutto il calore nel mare, che poi ci restituisce questa energia con gli interessi nel caso delle alluvioni. L’acqua marina che evapora maggiormente causa queste piogge estreme. Il futuro vedrà ulteriori aumenti della temperatura e quindi degli eventi estremi. Però qui abbiamo una scelta: se diminuiamo le emissioni globali possiamo fermare l’aumento, se invece lasciamo correre le emissioni mondiali, anche la temperatura seguirà, con aumenti da 4-5 gradi a fine secolo. Ma i rischi non riguardano solo i fenomeni estremi...».

E cioè?

«In passato l’inverno era uno sterilizzatore degli insetti dannosi per l’agricoltura, ora invece con il caldo proliferano. E lo stesso fenomeno ha portato alla diffusione di quattro nuove malattie trasmesse dalla zanzara tigre».

Che cosa si può fare per non soccombere all’ansia climatica?

«L’ansia è un sentimento positivo, mi dicono gli psicologi, così come la paura: ci spingono ad agire. Bisogna avere una parte di investimento emotivo per fare uno sforzo per cambiare, perché non sarà una passeggiata. È un po’ come curare una malattia. Se il medico le dice che va tutto bene, lei la dieta non la fa, ma se le dice che rischia grosso, di morire fra 10 anni senza dieta, un po’ di ansia che la induce a fare lo sforzo ce l’ha. Certo, se le dice che è spacciata allora nemmeno la comincia. Siamo in quella fase lì, a metà. Dobbiamo prendere coscienza del fatto che la situazione è molto grave ma c’è ancora spazio di manovra. Per farlo bisogna essere rapidi, incisivi e tanti. Nessuna di queste tre cose è oggi al lavoro. Ma le leggi fisiche non ci lasciano il tempo che vogliamo noi...».

Dobbiamo essere tanti, dice. Ma verrà introdotta una legge concepita per usare il pugno duro contro le proteste climatiche...

«Sì, è vero, questo scoraggia i giovani a intervenire. Ma io sono sicuro che sono creativi e troveranno nuovi modi di protestare. Non c’è solo la piazza... Facciamo vedere con i fatti ciò che dobbiamo fare. Ad esempio, il volo aereo è una delle principali fonti di inquinamento. Ma i giovani prendono l’aereo per andare in vacanza e molti dicono di non essere disponibili a rinunciarvi. Se tutti smettessero sarebbe una protesta più incisiva e avrebbero un effetto immediato sull’economia».—

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