La battaglia di Roberto per il suicidio assistito: «Ho il via libera in Svizzera, ora voglio ottenerlo anche in Italia»

Il caso di un paziente veneto. A 67 anni, malato di glioma diffuso, Roberto ha ottenuto l’ok per il suicidio assistito in Svizzera. In Italia attende la rivalutazione della ASL dopo il primo diniego. Con l’Associazione Coscioni chiede il riconoscimento dei requisiti previsti dalla sentenza Cappato

Roberto, 67 anni, paziente veneto affetto da un tumore cerebrale diagnosticato nel 2006, dopo il primo diniego da parte della sua ASL, ha attivato il percorso per poter procedere col suicidio assistito in Svizzera e ha ottenuto il semaforo verde per potervi accedere.

Roberto, però, vorrebbe poter essere libero di porre fine alle proprie sofferenze in Italia, a casa sua.

Per questo, a seguito di un peggioramento delle sue condizioni, Roberto, assistito dal team legale dell’Associazione Luca Coscioni, coordinato dall’avvocata Filomena Gallo, ha chiesto e ottenuto una nuova rivalutazione del suo stato di salute ed è ora in attesa della relazione della ASL, che indicherà se può accedere o meno al “suicidio assistito” in Italia come previsto dalla sentenza Cappato della Corte costituzionale.

Ha dichiarato Roberto: «Si è acceso per me il semaforo verde vicino a Zurigo. Voglio, però, ottenerlo anche qui. Voglio andarmene sereno in casa mia. Per questo ho riaperto la procedura con la Asl e mi batterò in ogni modo per ottenere il via libera. Per me e per tutti quelli che legittimamente vogliono andarsene nel rispetto per sé stessi ponendo fine alla propria sofferenza, senza rinunciare all’autonomia e alla dignità che sono indispensabili per vivere. Far diventare migliore il nostro Paese renderà più gradevole il mio andarmene».

Roberto è affetto dal 2006 da un glioma diffuso, una forma aggressiva di tumore cerebrale che negli ultimi anni ha comportato crisi epilettiche quotidiane, e nelle ultime settimane ha difficoltà motorie, cade spesso e soffre di un progressivo deterioramento cognitivo.

Non ci sono terapie disponibili e la prognosi è infausta.

A ottobre 2024 ha presentato la domanda alla sua azienda sanitaria per la verifica dei requisiti richiesti dalla sentenza 242/2019 della Corte costituzionale per poter accedere al suicidio assistito in Italia.

Dopo oltre cinque mesi dalla richiesta, a maggio 2025, ha ricevuto un diniego da parte della ASL perché non sarebbe in possesso di uno dei quattro requisiti indicati dalla Corte: la dipendenza da trattamenti di sostegno vitale.

Dichiara Filomena Gallo, coordinatrice del team legale di Roberto e Segretaria nazionale dell’Associazione Luca Coscioni: «Il tumore di Roberto può peggiorare all’improvviso, portando a una rapida perdita delle funzioni cognitive, a uno stato vegetativo, alla morte.

Roberto vuole evitare questo scenario, potendo decidere lui stesso tempi e modalità della propria fine attraverso l’autosomministrazione del farmaco per il fine vita, senza rischiare di perdere la capacità di scegliere.

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L’intervento chirurgico proposto non garantisce né che si risvegli dopo l’operazione né quali condizioni potrebbe avere in caso di risveglio. Per questo ha rifiutato qualsiasi trattamento invasivo e cure dall’esito incerto. Non esistono terapie in grado di garantirgli la sopravvivenza.

È quindi necessario che i medici della commissione della ASL valutino la sua particolare situazione anche considerando il rifiuto dell’intervento e la prognosi infausta come requisiti validi per l’accesso alla morte volontaria. In caso di un nuovo diniego, siamo pronti a tornare in tribunale per garantire il rispetto della autodeterminazione terapeutica di Roberto».

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