Il commento di Bartole: “Partiamo dal gesto di Mattarella e Pahor”

Le commemorazioni della giornata del ricordo hanno lasciato una scia di polemiche e doglianze che si sono specialmente focalizzate sull’infuocato intervento del sindaco. Ha avuto meno risonanza quello che è apparso invece come un mantra di tutti i discorsi dei presenti: si è detto e ripetuto che per decenni il dramma delle foibe e dell’esodo non hanno avuto dalle istituzioni e dalle forze politiche italiane la giusta attenzione.
Eppure a questa presa di posizione si potrebbe obiettare che la giornata del ricordo che a Basovizza si è celebrata, è sul nostro calendario da ormai vent’anni in base ad una legge unanimemente votata dal Parlamento; che ricorrentemente ad essa hanno prestato omaggio i titolari degli organi costituzionali, ed in particolare Presidenti della Repubblica, da Ciampi in avanti con cerimonie al Quirinale; e poi con Napolitano partecipando al concerto dei tre presidenti; ed infine con Mattarella rendendo omaggio assieme al Presidente sloveno Boris Pahor, mano nella mano, alla foiba di Basovizza ed al luogo della fucilazione dei martiri sloveni dell’antifascismo.
L’Italia non ha dunque aspettato per ricordare foibe ed esuli l’avvento del governo di centrodestra, ma ha una storia di consapevolezza che a Trieste annovera anche la presa di posizione di Stelio Spadaro quando portò la sinistra triestina a riconoscere le responsabilità per le foibe di forze pur praticanti l’antifascismo.
Lo ricorda la notizia riapparsa in questi giorni sulla stampa dell’imminente cerimonia per il conferimento a Mattarella e Pahor della laurea honoris causa in giurisprudenza da parte dell’Università di Trieste. All’atto della sua ideazione l’iniziativa aveva un rilievo non solo accademico, essendo evidente l’intento di onorare il coraggio e la lungimiranza di un gesto, che, con il proposito di sanare antichi conflitti senza dimenticarne le cause, ha aperto nuove prospettive di collaborazione e pacificazione nel quadro della comune appartenenza di Italia e Slovenia all’Unione Europea.
Oggi l’evento in programma in aprile assume un significato ulteriore. La cerimonia all’Università di per sé stessa andrà oltre Basovizza, evidenziando come nell’occasione si sia indebitamente oscurato quanto si è fatto in questi anni. I discorsi di sabato scorso, ad eccezione di quello del Presidente Fedriga, hanno riportato la nostra politica sul terreno delle tradizionali doglianze per il barbaro comportamento dei partigiani e del governo di Tito senza fare attenzione alla costruzione di un futuro migliore per tutte queste nostre terre, fondato su valori comuni, come prospettato dal gesto di Mattarella e Pahor che ha accomunato nell’omaggio ai morti delle foibe quello alle vittime della barbarie fascista.
Di questo si deve ragionare, del futuro di comunità destinate a vivere un comune destino, volgendo lo sguardo alla costruzione dell’avvenire e abbandonando la retorica del confine orientale.
A Basovizza si sono sentite anzitutto le recriminazioni per il passato, sino a porre al centro del discorso la revoca di un’onorificenza concessa dall’Italia al maresciallo Tito al tempo in cui – dopo la rottura con Mosca – la Jugoslavia costituiva un antemurale della difesa dell’Europa occidentale contro la minaccia del Patto di Varsavia. Se di questo vi sarà tempo per ragionare, oggi nel contempo è certamente il momento di valorizzare appieno la cerimonia delle lauree honoris causa e la relativa sede universitaria per riportare il discorso al punto in cui proprio Mattarella e Pahor lo avevano lasciato.
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