Esame di Stato, cambia il nome: si torna alla vecchia “Maturità”, l’orale sarà obbligatorio
Era stato il ministro Berlinguer nel 1997 a cambiare la nomenclatura ufficiale. Fare scena muta sarà impossibile, pena bocciatura diretta

Era un rito di passaggio, una volta si diceva per diventare “maturi”. E forse proprio su questo aspetto, che rispolvera il vecchio agio dei nostri nonni, che punta tutto il ministro dell’Istruzione del Merito Giuseppe Valditara con la nuova riforma, in arrivo sui banchi del governo Meloni giovedì, 4 settembre. La riforma annunciata dal ministro punta a ridefinire la struttura complessiva dell'esame, partendo dal nome e dal colloquio orale che non prevederà la possibilità di fare scena muta, pena la bocciatura. E non ce n’è per nessuno.
Le novità saranno applicate a partire dal prossimo anno scolastico e dunque le nuove regole entreranno in vigore con la Maturità del 2026. Vediamole nel dettaglio
Il nome
Dicevamo il nome. Innanzitutto, non si chiamerà più esame di Stato ma esame di Maturità. Un passaggio che lascerà tutto sommato indifferenti i più poiché per tutti, l’esame di fine percorso delle superiori, è la maturità. Nei sogni e negli incubi. Ma il ministro Valditara ha deciso un restyling di nomenclatura proprio per riportare a scuola questo allure di rito di passaggio tra un’età e l’altra. Va ricordato che il nome ufficiale è diventato "Esame di Stato" a seguito della riforma scolastica del Ministro Luigi Berlinguer nel 1997. Studenti (e adulti) avvisati e pronti per l’interrogazione.
Il diktat sugli orali
In questa montagna russa di decisioni, che negli anni hanno visto la Maturità al centro di grandi riforme e grandi ritrattazioni, l’attenzione torna tutta sugli orali. La nuova formulazione della prova, come detto, dovrebbe infatti essere pensata per valutare con maggiore attenzione l'autonomia, la consapevolezza e la capacità di argomentazione dello studente.
Non vengono cancellati ovviamente gli scritti che restano due. La prima prova, quella di italiano, invece rimarrà invariata. La seconda, invece, specifica per indirizzo, potrebbe subire modifiche nei contenuti e nelle modalità. Per esempio nel compito di matematica potrebbero essere inseriti dei quesiti di logica e ragionamenti di problem solving. Anche su questo punto, tuttavia, i dettagli saranno definitivi da domani.
Niente rifiuti
E chi si rifiuta di fare l’orale? Su questo Valditara non torna indietro: non sarà più permesso, rischio bocciatura. D’altronde quest’estate, ai microfoni di RaiNews, Valditara era stato più che categorico: «Se un ragazzo si presenta all’orale, oppure volontariamente decide di non rispondere alle domande dei suoi docenti non perché non è preparato, cosa che può capitare, ma perché non ‘vuole collaborare’ e quindi ‘boicottare’ l’esame, dovrà ripetere l’anno».
Chi si rifiuterà volontariamente di partecipare al colloquio, dunque, pur avendo completato le prove scritte dovrà ripetere l'anno scolastico. Prassi diversa da quella attuale per cui era possibile essere promossi, pur non sostenendo gli orali, grazie ai crediti ottenuti e alle prove scritte.
Voto di condotta
Fin dall’insediamento, quello di Valditara è sembrato subito un ministero concentrato su merito e “disciplina”, non ultimo il mirabolico tentativo di tenere fuori dalle classi i cellulari. Il ministro non ha dimenticato il voto in condotta, presente già nella precedente riforma, sempre a sua firma: il cinque in comportamento comporterà automaticamente la bocciatura e la conseguente non ammissione all’esame, mentre con il sei scatterà un debito da colmare in sede di colloquio con un elaborato di educazione civica.
Resta un miraggio, invece, il massimo dei voti: il totale dei crediti verrà concesso solo a chi avrà mantenuto una condotta pari o superiore al 9 nell’ultimo triennio.
Le reazioni
Gli studenti, come riporta Ansa, non ci stanno. “Nessun confronto è stato aperto con noi, nessuno ci ha chiesto cosa pensiamo. Il Forum delle Associazioni Studentesche più rappresentative non viene convocato da più di un anno e intanto, chi sceglierà il silenzio per protesta, come accaduto in diversi casi quest’anno, sarà bocciato automaticamente, anche in presenza di buoni risultati nelle prove scritte, rimarcando ancora una volta la repressione del dissenso al centro di questo governo e di questa scuola”, dice Tommaso Martelli, coordinatore nazionale dell’Unione degli Studenti.
Per Federica Corcione, dell’esecutivo nazionale dell’organizzazione, “il ministro si riempie la bocca di “educazione civica”, ma nella pratica spazi di discussione e partecipazione vengono repressi. Parlano di formare “cittadini”, ma poi trasformano la maturità in un interrogatorio. Noi studenti vogliamo una scuola che ci ascolti, una maturità che permetta davvero di esprimersi. Non una prova di obbedienza”.
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