Strage di Mestre, la Procura di Venezia chiude l’inchiesta: 7 indagati

La Procura di Venezia chiude l’inchiesta sulla caduta del bus dal cavalcavia di Mestre nell’ottobre 2023. Sette dirigenti comunali risultano indagati per omicidio e lesioni colpose

Chiusa inchiesta su strage del bus di Mestre, 7 indagati
Chiusa inchiesta su strage del bus di Mestre, 7 indagati

La Procura di Venezia ha chiuso l’inchiesta sulla tragica caduta del bus dal cavalcavia superiore di Marghera avvenuta nell’ottobre 2023. Sono sette i dirigenti del Comune iscritti nel registro degli indagati, accusati a vario titolo di omicidio colposo, lesioni colpose e stradali e crollo colposo.

Nell’incidente persero la vita 22 persone e altre 14 rimasero ferite. Tra gli indagati non figura invece l’amministratore delegato della società La Linea, Massimo Fiorese, per il quale i pm potrebbero chiedere l’archiviazione.

Le motivazioni dei Pm

"Negligenza, imprudenza e imperizia" per non aver "programmato, promosso, attivato costanti controlli sullo stato del Nuovo cavalcavia di Marghera". È quanto osservano i pm di Venezia Laura Cameli e Giorgio Gava nell'avviso di conclusione delle indagini a carico di sette dirigenti del Comune accusati di omicidio colposo, crollo colposo e lesioni anche stradali per la strage del bus di Mestre che portò alla morte di 22 persone e al ferimento di altre 14.

I pm sottolineano che gli indagati, "in relazione ai rispettivi ruoli ricoperti", non avrebbero "monitorato adeguatamente il cavalcavia e disposto appropriati interventi, almeno di manutenzione". Data la "presenza di un varco nella barriera stradale" e "lo stato complessivo di deterioramento della stessa", avrebbero quindi contribuito "a mantenere una situazione di pericolo strutturale".

Come ricostruisce la Procura, infatti, l'autobus andò "a sbattere sul guardrail posto alla destra della carreggiata per un tratto di circa 50 metri" fino a quando, "trovando un varco di circa 2,40 metri" sul guardrail, "sviava verso destra rompendo il guardrail stesso".

Questo, "a causa dell'interruzione della barriera e della mancanza di sistemi di contenimento", provocava così la caduta del mezzo dal cavalcavia.

La difesa

I dirigenti del Comune di Venezia Simone Agrondi, Roberto Di Bussolo e Alberto Cesaro, indagati con altri quattro per la strage del bus di Mestre, "rivendicano la correttezza del proprio operato e la propria totale estraneità ai fatti e agli addebiti".

Lo affermano in una nota i loro difensori, gli avvocati Marco Vassallo, Paola Bosio, Giovanni Coli e Barbara De Bias. "Le difese, in attesa di ricevere ed esaminare gli atti del fascicolo dei pubblici ministeri, non nascondono, sin d'ora, la propria meraviglia", si legge.

"La Procura della Repubblica, all'esito di un'indagine durata oltre due anni, ha ritenuto di attribuire tutte le responsabilità dell'incidente unicamente" ad alcuni dipendenti comunali, "nonostante il varco fosse presente sin dagli anni Sessanta.

Stupisce - aggiungono i legali - che la rottura dello sterzo di un autobus praticamente nuovo, fatto che ha innescato l'incidente, non sia stata considerata, nonostante i chiari esiti a cui sono giunti gli accertamenti dei consulenti dell'accusa".

I difensori sottolineano che "per certo il bus non è sbandato per cause naturali e non è normale che per oltre 3,5 secondi, dal primo urto contro il guardrail al quale ne sono seguiti numerosi altri, non ci siano frenate. Confidiamo - concludono - che le ragioni di tali scelte possano trovare una spiegazione negli atti; lo si deve agli indagati, alle vittime e alle loro famiglie e le difese si batteranno perché l'evento sia ricostruito nella sua compiutezza".

Riproduzione riservata © Il Piccolo