Taglio dell’Irpef per il ceto medio: cosa cambia con nuove aliquote e scaglioni, le simulazioni
L’operazione interesserebbe complessivamente 11 milioni di italiani e, per restare all’ambito locale, circa 240 mila lavoratori e pensionati del Friuli Venezia Giulia e 890 mila del Veneto

Servono quattro miliardi. Non uno scherzo, in questi tempi di manovre leggere, in cui la finanza pubblica è costretta ad acrobazie aritmetiche per far tornare i conti della legge di bilancio che il governo dovrà portare in Parlamento entro fine anno. L’obiettivo? Provare a tagliare l’aliquota Irpef del secondo scaglione (redditi tra i 28 e i 60 mila euro), alleggerendo la pressione fiscale sulla classe media. Di quanto? Di un punto percentuale (dal 35 al 34 per cento) o addirittura di due (al 33). La volontà dell’esecutivo è stata confermata apertis verbis anche dalla premier Giorgia Meloni, che intervenendo mercoledì dal palco del Meeting di Rimini ha evidenziato l’impegno a fare «di più per il ceto medio».
L’operazione interesserebbe complessivamente 11 milioni di italiani e, per restare all’ambito locale, circa 240 mila lavoratori e pensionati del Friuli Venezia Giulia e 890 mila del Veneto, stando alle elaborazioni dell’Istituto di ricerche economiche e sociali del Fvg sulla base dei dati relativi ai redditi forniti dal Ministero dell’Economia.

Le simulazioni
La Fondazione nazionale dei commercialisti nei mesi scorsi ha elaborato delle simulazioni per verificare l’applicazione del taglio dell’aliquota sulle fasce di reddito attualmente inserite nel secondo scaglione. E la simulazione contempla sia l’ipotesi più ottimistica (ovvero la sforbiciata di due punti percentuali, da 35 a 33) sia quella più conservativa, che si ferma al taglio di un singolo punto percentuale. Il primo elemento da tenere in considerazione è che l’eventuale colpo di cesoia non garantirebbe benefici a tutta la platea di dipendenti che in busta paga vedono attualmente applicata la seconda aliquota: perché il cumulo di taglio del cuneo (adottato a partire da quest’anno, dopo il varo del provvedimento nella Finanziaria approvata a dicembre) e riduzione dell’aliquota comporterebbe addirittura stipendi netti più leggeri per i redditi compresi nella fascia tra i 29 e i 35 mila euro, che perderebbero tra i 101 e i 145 euro. Un discorso che non vale per autonomi e pensionati, che potrebbero fare conto su accrediti e assegni più pesanti fin dalla fascia di reddito più bassa, quella compresa tra i 29 mila e i 35 mila euro. Beninteso: si tratta di ritocchi e poco più, con risparmi che veleggiano tra i 20 e i 140 euro annui per professionisti e lavoratori ormai in quiescenza.
I benefici
Sopra i 35 mila euro l’applicazione delle riduzioni inizia ad avere effetti apprezzabili, con risparmi già evidenti – ad esempio – per chi alla voce “retribuzione lorda” in busta paga vede affiancato il valore di 40 mila euro. In questo caso, in base alle simulazioni, resterebbero in tasca al lavoratore 543 euro in caso di taglio di un punto percentuale dell’aliquota e addirittura 627 euro se dovesse andare in porto la riduzione del 2 per cento. Meno sostanzioso – ma comunque non irrilevante – il risparmio per retribuzioni lorde che si aggirano attorno ai 45 mila euro, con uno sgravio rispettivamente di 129 (1 per cento) e 257 euro (2). Con uno stipendio lordo di 60 mila euro il risparmio ipotizzato potrebbe concretizzarsi in una forbice tra i 220 e i 440 euro.
Le ipotesi
I tecnici di via XX Settembre sono all’opera per tentare di capire se e come il provvedimento può avere agibilità finanziaria fin dalla prossima manovra. Tra le ipotesi al vaglio anche quella di contenere il taglio dell’aliquota, prevedendo il beneficio soltanto per i redditi fino a 50 mila euro. Resta il nodo delle coperture.
Concordato biennale per le partite Iva e rafforzamento della lotta all’evasione potrebbero non bastare a reperire le risorse necessarie a mettere a terra quella che per la maggioranza costituisce quasi una misura-bandiera. «I dati economici di questi mesi dimostrano che l’Italia sta crescendo nonostante le difficoltà del contesto internazionale – sottolinea il sottosegretario all’Economia, Sandra Savino, confermando che l’ipotesi di partenza è quella di includere chi percepisce fino a 60 mila euro –. È la conferma che la stagione dell’austerità è alle spalle: possiamo coniugare la serietà dei conti con la riduzione delle imposte, sostenendo chi produce e chi lavora. Con questa manovra continueremo a realizzare il nostro programma, costruendo un fisco più leggero ed equo, vicino alle esigenze dei cittadini e capace di rafforzare la fiducia nell’Italia». E Savino, segretario regionale di Forza Italia in Friuli Venezia Giulia, rimarca come «il taglio dell’Irpef per il ceto medio è un impegno politico che come partito portiamo avanti da sempre. Ridurre le tasse è nel nostro Dna e oggi, al governo, stiamo trasformando quella visione in realtà concreta per famiglie, lavoratori e imprese».
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