Cooperante da otto mesi in carcere in Venezuela, la madre: «Su nostro figlio Meloni tace»
Lo sfogo della madre del veneziano Alberto Trentini al sit-in davanti al tribunale di Roma, martedì 15 luglio, in occasione del processo per la morte di Giulio Regeni: «Silenzio insostenibile del Governo, ogni giorno di inerzia in più corrisponde ad indicibili sofferenze per Alberto e per noi»

«Oggi sono otto mesi esatti che mio figlio Alberto è in prigione ma tutto tace e tace anche la nostra presidente del Consiglio. Questo silenzio per me e la mia famiglia è insostenibile, il nostro Governo deve attivarsi come ha fatto quello svizzero con il compagno di prigionia di mio figlio che è stato liberato da poco ed ha raccontato alla stampa le terribili condizioni di detenzione in cui si trova ancora Alberto».
Lo afferma Armanda Trentini, la madre del giovane detenuto in Venezuela dal novembre scorso parlando fuori dal tribunale di Roma dove martedì 15 luglio è in programma una nuova udienza del processo per l'omicidio di Giulio Regeni.

«Non possiamo più aspettare, le nostre istituzioni dimostrino di avere a cuore la vita di un connazionale e si adoperino con urgenza ed efficacia per riportare a casa nostro figlio, mettendo in campo qualsiasi strumento di diplomazia come è stato fatto in altri casi: ogni giorno di inerzia in più corrisponde ad indicibili sofferenze per Alberto e per noi. Contatti non ce ne sono e noi aspettiamo con fiducia che qualcuno faccia ciò che è necessario. Otto mesi sono troppi e dobbiamo ribellarci», ha aggiunto.
«Continuiamo a chiedere come abbiamo fatto nei mesi scorsi ogni sforzo per la liberazione di Alberto Trentini che non ha colpe se non quella della generosità di andare per il mondo ad aiutare chi è più in difficoltà»: così la segretaria del Pd Elly Schlein, presente al sit-in fuori dal tribunale di Roma.
«Questo silenzio», aggiunge, «non può continuare. Serve un impegno concreto da parte del governo e di chiunque ne ha il potere per la liberazione di Alberto. Noi la nostra parte la stiamo facendo. Sono passati otto mesi, il governo svizzero si è impegnato per la liberazione di chi era in carcere con Alberto Trentini e ha raccontato di indicibili sofferenze all'interno di questo carcere. E' una situazione che non può essere tollerata un minuto di più. Ribadiamo al governo una richiesta di impegno concreto».
«Troppi silenzi hanno accompagnato questi mesi. Troppe prudenze, troppe deleghe e, soprattutto, troppe ambiguità. Torneremo a far risuonare forte la nostra voce in nome di Alberto Trentini. Alberto è un nome che non porta in sé nessuna colpa. Anzi porta con sé la generosità di andare nel mondo, nei contesti più difficili, a sostegno dei più fragili. Essere impegnati per i diritti umani non può trasformarsi in una colpa». Lo ha affermato don Luigi Ciotti partecipando al sit-in.
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