Un malsano conflitto tra le regioni

Giovanni Bellarosa
Massimiliano Fedriga è il presidente della Conferenza tra le regioni
Massimiliano Fedriga è il presidente della Conferenza tra le regioni

La ricerca di quello che non funziona nel nostro ordinamento cioè nell’organizzazione del Paese offre continui spunti di riflessione accompagnati purtroppo da poche opportunità od occasioni di soluzione. Il problema di fondo sta nel dominante clima di contrapposizione: la lotta politica si è incancrenita, pervade ogni settore togliendo spazio ai tentativi di superare la diffidenza ed ancor più le resistenze preconcette ed ideologiche.

La corsa al consenso si svolge non già sul terreno della proposta migliore o più conveniente per la società ma su chi riesce a contestare con maggior forza la posizione avversa: considerata appunto “avversa”, anzichè “diversa” e come tale idonea a venire migliorata o condivisa o in ogni modo esaminata nel merito. Da qui discendono le incongruenze ovvero le forzature che rendono impossibile o difficile ogni iniziativa tanto più in un contesto complesso e con prospettive non favorevoli.

Se questi metodi sono ormai consueti nel confronto tra maggioranza ed opposizione, da ultimo lo stesso spirito di contraddizione si è insinuato anche all’interno delle autonomie che rappresenta una parte importante del sistema Paese. Un illustre giurista, per spiegare le ragioni di questa mancanza di dialogo tra regioni, osservava che il regionalismo italiano si è sviluppato esclusivamente nel rapporto tra la singola Regione ed il potere centrale.

Si tratta poi di un regionalismo competitivo nel senso che esso si esprime attraverso un processo di sottrazione e trasferimento di competenze originariamente dello Stato. Questo fenomeno si è evidenziato in maggior misura dopo la riforma costituzionale del 2001 che ha previsto la possibilità di singole regioni di ottenere, sempre dallo Stato ed attraverso un rapporto esclusivamente biunivoco, “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia”. Ciò differenzia il sistema regionale italiano, ad esempio da quello dei Lander tedeschi. A prescindere dal diverso ordinamento, in Germania l’autonomia è improntata invece al modello collaborativo e solidale tra i lander che si realizza nel Bundesrat, la Camera delle autonomie territoriali dove queste formano, con criterio democratico e naturalmente attraverso il voto ponderato, una loro comune volontà politica.

Le regioni italiane possono invece arrivare, come sta appunto avvenendo, a posizioni dove ciascuna è in conflitto con le altre e punta, per proprio conto, ad ottenere il sostegno del Governo nazionale. Ciò premesso è chiaro che le Regioni rinunciano così ad una parte essenziale della loro stessa ragion d’essere, quella appunto dell’autonomia nei confronti del potere centrale. A differenza di quanto avviene adesso, negli ultimi decenni del secolo scorso furono invece promosse importanti forme istituzionalizzate di dialogo e confronto: la Conferenza dei presidenti delle Regioni, sorta per autonoma iniziativa delle stesse nel 1980, e la conferenza Stato regioni, nelle sue varie articolazioni, disciplinata dalla legge del Parlamento.

La prima è quella che qui interessa: chi conserva memoria della nascita e del suo consolidamento sa bene che la Conferenza ha realizzato un vero ed efficace rapporto sinergico tra le autonomie, una incontestabile solidarietà interregionale cementata dagli interessi comuni del regionalismo rispetto al centralismo statale. Non vi era traccia dei conflitti di oggi.

Lo spirito di intesa dei primi trenta anni, fondato su una iniziativa spontanea ha così lasciato il posto alla contrapposizione politica, partitica, ideologica che impedisce la possibilità di dialogo. A questo punto una soluzione si potrebbe trovare solo nella trasposizione di queste tensioni all’interno di una Istituzione dove il confronto politico si esprima in modo istituzionale attraverso le forme della democrazia rappresentativa, cioè una Camera del Parlamento formata dei rappresentanti delle Regioni e delle autonomie posta al fianco di quella formata dalla rappresentanza popolare: anche questo però è un progetto che oggi la politica, di ogni parte, non sembra in grado di sapere o volere attuare.

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