«Una pace giusta»: dal Festival del Cambiamento un appello per il mondo

Dialogo, mediazioni, un futuro nuovo al centro dell’evento della Cciaa. Il presidente Fedriga: «Con Hamas in Palestina l’obiettivo è impossibile»

Alex Pessotto
(fotoservizio Daniele Tibaldi)
(fotoservizio Daniele Tibaldi)

Parlare di pace in questo periodo sembra particolarmente complesso, anche se doveroso. Ma parlare di una pace giusta risulta ancora più difficile, improbabile, forse utopistico. Eppure, il quarto Festival del Cambiamento l’ha fatto, intitolando la sua quarta edizione “Gorizia, città della pace giusta”.

Organizzata al polo di via Alviano, a Gorizia, da Camera di Commercio Venezia Giulia con International strategic network (Isn) e Med-Or Italian Foundation, in collaborazione con Regione, Unioncamere, Università di Trieste e Il Piccolo, l’iniziativa ha allora prestato numerosi sguardi a quanto sta accadendo sulla Striscia di Gaza.

Le parole di Fedriga

A partire da quello gettato da Massimiliano Fedriga, che non ha lasciato spazio a interpretazioni: «Sono preoccupato di come il conflitto si stia infiltrando all’interno delle nostre comunità e della nostra società e di come – ha rimarcato Fedriga – una parte, mi auguro sempre minoritaria, e lo abbiamo visto di recente a Bologna, a Torino e a Roma, inizi a guardare con occhi di favore organizzazioni terroristiche che hanno cercato civili inermi per massacrarli. Ho guardato ogni singolo fotogramma del video su Saturday-October-seven.com e da lì si capisce bene cosa significhi terrorismo: Hamas è entrato nelle case per ammazzare consapevolmente cittadini, bambini, e non militari israeliani». In sostanza, per Fedriga, «fino a quando ci sarà Hamas in Palestina la pace non potrà esserci».

Gli altri interventi

Prima di lui, era intervenuto il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, che ha evidenziato come, in questo momento, si sta verificando «il fallimento dell’idea di globalizzazione, come dimostrano l’imperialismo russo e l’esplosione della crisi in Medio Oriente».

Quindi, il sindaco di Gorizia, Rodolfo Ziberna, ha commentato che «non stiamo vivendo non un’epoca di cambiamento, ma un cambiamento d’epoca». Nell’introduzione all’evento, hanno anche preso la parola il presidente di Unioncamere Andrea Prete, la rettrice dell’ateneo giuliano Donata Vianelli e Urška Merljak, in rappresentanza del sindaco di Nova Gorica.

Ad aprirlo, e a chiuderlo, è stato invece il presidente camerale Antonio Paoletti: «Il tema è cercare di capire che non si fa la guerra distruggendo palazzi e uccidendo persone – ha detto – perché poi alla fine diventa sempre un discorso di confronto diplomatico. Il messaggio che vogliamo dare è che senza uccidere le persone, bisogna sedersi attorno a un tavolo e discutere delle guerre e delle condizioni». Ecco che, con la sua riflessione sulla pace giusta, il Festival ha voluto fornire un contributo a un dialogo necessario.

Ma cos’è la pace giusta? Tanti si sono interrogati sul tema. «Prendiamo l’esempio della Palestina – ha detto Alessia Melcangi, docente di Storia contemporanea del Medio Oriente e dell’Africa alla Sapienza –. Al netto dell’atto terroristico di Hamas e di quello che il governo di Tel Aviv sta facendo sulla Striscia di Gaza, una pace giusta è quella che tiene conto delle rivendicazioni dei palestinesi ad avere un riconoscimento identitario e politico con uno Stato proprio. Ma se non si fermano le armi, se non si traccia un itinerario in questo senso, è impossibile che si instauri un dialogo. Oggi, in una situazione come quella mediorientale, è allora più che mai opportuno che due popoli che stanno nello stesso territorio riescano a parlare, a condividere e a creare un futuro nuovo, non di conflitto».

Per Mohammed Ibrahim Al Dhaheri, vicedirettore generale dell’Accademia diplomatica degli Emirati Arabi Uniti, «la pace giusta è un concetto complicato. Non è facile da spiegare. Significa però un aumento nel dialogo, un aumento nella comunicazione, risoluzione ai conflitti tramite un lavoro di mediazione. Dobbiamo quindi lavorare per l’umanità, per un futuro migliore e dobbiamo abbracciare le differenze e i cambiamenti, trovando i punti d’intesa. La pace giusta impone allora di affrontare queste tematiche nel contesto globale, per l’evoluzione dell’intero sistema».

Tra i protagonisti del Festival, c’era anche l’ambasciatore Francesco Maria Talò, Inviato speciale dell’Italia per il Corridoio India-Medio Oriente-Europa. «Credo sia importante non lasciare la parola pace da sola – ha detto Talò –. Certo, è l’auspicio di tutti, è fondamentale averla sempre come obiettivo, ma rischiamo una retorica vuota, strumentalizzabile, come successo in passato: non dimentichiamoci che Stalin parlava di “campo della pace” e tutti, allora, abbinavano la pace al nome di Stalin. Quindi, d’accordo, la pace deve essere giusta altrimenti non è sostenibile, ma la perfezione non è di questo mondo: se la inseguiamo non l’avremo mai o sarà comunque la pace dei vincitori, che probabilmente giusta non è. Quindi, dobbiamo batterci per una pace più giusta possibile: quella che possiamo realizzare e che dobbiamo cercare di raggiungere anche con dei compromessi».

E così via, di riflessione in riflessione, con il ministro degli Affari esteri, Antonio Tajani, che, in chiusura e in videomessaggio, ha ricordato che «non potrebbe esserci davvero un luogo più adatto di Gorizia per riflettere insieme sulle sfide del nostro tempo. Una città un tempo divisa e attraversata dalla Cortina di Ferro, che ora invece è simbolo di pace e fratellanza europea e Capitale europea della cultura 2025». Proprio per questo è stata scelta quale sede del Festival.

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