Fine vita, esame in Commissione per la proposta di legge regionale

Il Friuli Venezia Giulia è chiamato a esprimersi sul fine vita. Nella seduta di martedì 9 aprile la Terza Commissione del Consiglio regionale, competente in materia di Sanità, esaminerà e metterà ai voti la proposta di legge regionale “Liberi Subito” formulata dall’associazione Coscioni che, forte di 8 mila firme raccolte, chiede «procedure e tempi certi» nell’applicazione della sentenza 242 del 2019 della Corte costituzionale.
La sentenza “Cappato”, che nasce dalla lotta di Fabiano Antoniani e che oggi in Italia depenalizza l’aiuto medico al suicidio volontario di persone affette da patologie irreversibili e senza possibilità di cura, che provocano loro sofferenze intollerabili, capaci di intendere e che dunque chiedono di morire con l’assistenza del sistema sanitario pubblico. Come deciso dalla triestina Anna, 55enne affetta da sclerosi multipla che lo scorso 28 novembre, dopo oltre un anno di attesa e una sentenza del Tribunale di Trieste contro Asugi, è diventata la terza persona in Italia a mettere fine alla propria esistenza tramite suicidio assistito e la prima a farlo con il completo sostegno del Ssn.
Ma in assenza di una norma nazionale in materia – con nuovi testi che a fatica tentano di farsi strada in Senato – ancora troppi sono gli spiragli lasciati aperti dalla sentenza della Consulta: proprio per dare risposte a chi, come Laura Santi in Umbria, rischierebbe di rimanere intrappolato in lungaggini burocratiche, l’associazione Coscioni da tempo tenta la via delle Regioni con una proposta di legge che fissi confini temporali e modalità certe per accedere alla procedura.
Il Friuli Venezia Giulia non è il Veneto, dove neanche l’apertura di Luca Zaia ha convinto una maggioranza spaccata sul tema. A ventiquattr’ore dalla discussione in piazza Oberdan l’opposizione già contempla l’opzione del “Voto alle Camere” per sollecitare direttamente il Parlamento e così prendere per le corna l’esito di una dibattito, quello di martedì, che appare già scontato e a favore di un “no” più volte ribadito anche dal governatore Massimiliano Fedriga, contrario alla possibilità che sia la Regione a legiferare sul fine vita.
«Non abbiamo molte speranze sulla volontà di intervenire, ma abbiamo il dovere di riprovarci», dice il consigliere Enrico Bullian (Patto-Civica), primo firmatario di una mozione sul fine vita affossata in novembre dopo un confronto in cui si sono alternate associazioni pro-vita e pro-scelta. L’appello a «superare il tabù» è dunque oggi a un centrodestra che per Bullian «rinuncia a governare il processo», lasciando i malati in balia delle tempistiche delle Asl: la priorità è «dare risposte univoche a chi si trova in condizioni di estrema sofferenza».
Il tempo è finito. Il Consiglio regionale, tramite la Terza commissione, è ora chiamato a esprimersi su un tema che nell’ultimo anno ha attraversato i confini della cronaca locale solleticando le corde della coscienza personale. La proposta di legge è stata depositata in agosto, e di nuovo da allora c’è stato il primo “no” del Veneto dove il testo è stato fermato per un solo voto e i casi dell’Emilia Romagna (dove pende un ricorso al Tar) e della Liguria (dove il presidente Toti si è espresso favorevolmente). Ancora, il monito contrario dei vescovi del Triveneto e il richiamo al Parlamento dal presidente della Consulta Augusto Barbera. La morte di Sibilla Barbieri, di Stefano Gheller. E, ancora prima, quella di Anna, che ha infine premuto quel bottone e assunto il farmaco letale che l’ha resa «finalmente libera».
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