Le partite vinte dal presidente Fedriga

Il presidente della Regione - il primo riconfermato da quando, nel 2003, è stata introdotta l’elezione diretta in Friuli Venezia Giulia - si giocava, in questo voto, almeno tre partite
Roberta Giani
Massimiliano Fedriga con il portavoce petiziol in cammino a trieste verso il Consiglio regionale
Massimiliano Fedriga con il portavoce petiziol in cammino a trieste verso il Consiglio regionale

TRIESTE La scaramanzia, in politica, ci sta. E Massimiliano Fedriga, stringendosi nel cappottino grigio che il suo portavoce, consigliere e amico Edoardo Petiziol “denigrava” con un sorriso, mentre consumavano insieme chilometri su chilometri ed ettolitri di Coca Zero, ne ha fatto sapiente uso in questa campagna elettorale. Ma sapeva, lo sapevamo un po’ tutti, che non poteva che vincere. Il punto era un altro, come avrebbe vinto.

Ieri, dopo una campagna elettorale all’insegna del fair play, come raramente capita di vedere, è arrivato il verdetto: ha stravinto. Il presidente della Regione - il primo riconfermato da quando, nel 2003, è stata introdotta l’elezione diretta in Friuli Venezia Giulia - si giocava, in questo voto, almeno tre partite.

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Massimiliano Fedriga dopo la vittoria (Foto Lasorte)

La prima contro se stesso. Cinque anni fa, quando non era nemmeno così convinto di correre e si ritrovò candidato a furor di popolo (di centrodestra) e di trattori, ottenne il 57,1 per cento. Il risultato più alto ottenuto da un aspirante presidente. Stavolta, superandosi, ha preso il 64 per cento. La seconda partita, forse la più difficile, era tutta interna alla sua coalizione e al peso dei singoli partiti. Politiche e regionali non sono sovrapponibili, ma quel 31,3 per cento conquistato pochi mesi fa da Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia e paragonato a quell’1l per cento scarso ottenuto dalla Lega pesava, come un’ipoteca, sulla leadership del centrodestra.

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Il palazzo del consiglio regionale a Trieste (Foto montenero)

Non è andata così. Le liste di Lega, Fratelli d’Italia e Fedriga presidente si sono contese seggio dopo seggio, sorpasso dopo sorpasso, il primato. Sono arrivate in fondo l’una incollata all’altra. E, nelle varie circoscrizioni, si sono divise il primo, il secondo e il terzo posto nella coalizione.

Non solo: Lega e Fedriga presidente, insieme, si sono prese il lusso di doppiare Fratelli d’Italia, alla fine poco sopra il 18%. Come si tradurrà la competizione interna nella composizione della nuova giunta regionale - e, a cascata, nell’azione di governo - è ancora tutto da vedere. Nel giorno della vittoria il presidente nulla dice, e sarebbe strano altrimenti, sul “riparto” dei posti, sulla scelta degli assessori (c’è chi, tra gli uscenti, esce un po’ acciaccato dalla conta delle preferenze), sull’assegnazione delle deleghe. Ma, di sicuro, Fratelli d’Italia - che pure peserà più di cinque anni fa quando aveva “solo” il 5,5 per cento - non avrà la “golden share”. E, con questi numeri, forse nemmeno quella vicepresidenza che pareva assodata.

La terza partita, forse la più delicata, era ancora più “intestina”: Fedriga se la giocava con la Lega, il suo partito, quello in cui ha iniziato da ragazzo, quando distribuiva volantini da solo ai banchetti, quello in cui è cresciuto e si è affermato, al punto da ritrovarsi alla ribalta nazionale come potenziale alternativa al segretario nazionale Matteo Salvini. Vero o no che fosse.

Ebbene, assumendosi forse il rischio più grande, il neoconfermato presidente ha deciso di lanciare la sua civica, puntando dichiaratamente ad allargare i consensi della coalizione, pescando qua e là nomi leghisti di peso, sopportando i malumori, i sospetti e il nervosismo dei “salviniani” che temevano uno svuotamento (ulteriore) della Lega.

È finita con la Lega primo partito in Friuli Venezia Giulia: una Lega che ha potuto contare sul grande impegno di Matteo Salvini, arrivato più e più volte in Friuli Venezia Giulia assieme ai big del centrodestra, ma che ha scelto al tempo stesso di mettere il nome di Fedriga nel simbolo.

È finita con la lista Fedriga separata da pochi decimali da Fratelli d’Italia. Esito impensabile. Chissà, non lo dirà mai, magari il presidente sognava il sorpasso per la sua civica: la ciliegina sulla torta. Ma la torta è quel 36 per cento abbondante di voti che la Lega e la Lista Fedriga ottengono insieme, superando persino il 34,9 per cento di cinque anni fa.

Ora il presidente, che è anche a capo della Conferenza delle Regioni e si consolida sulla scena nazionale, ha un’enorme responsabilità: governare per altri cinque anni, forte di un consenso che gli dà grandi margini di movimento, cogliendo le opportunità e le difficoltà che il Friuli Venezia Giulia sta vivendo.

Fedriga ne è consapevole, l’ha dichiarato appena rieletto, citando non a caso la sanità. Il tema più caldo della campagna elettorale. In Consiglio troverà un’opposizione di centrosinistra che non può festeggiare ma che, a differenza di cinque anni fa, può almeno salutare l’inizio di un nuovo percorso: il percorso che il civico e autonomista Massimo Moretuzzo, con l’appoggio indispensabile del Pd a guida Renzo Liva, ha iniziato coraggiosamente a percorrere meno di tre mesi fa.

Il percorso che ora intende proseguire in aula «non facendo sconti» a chi ha vinto, ma lavorando «con lealtà», bandendo i toni urlati. Ecco. Mentre l’affluenza cala ancora, e Trieste reindossa una preoccupante maglia nera, questo voto ci lascia con un nuovo interrogativo: il rispetto e il confronto civile su idee diverse, talvolta antitetiche, che hanno caratterizzato la sfida elettorale a quattro, si trasferiranno in Consiglio regionale? La responsabilità è ovviamente di tutti. In prima battuta del trionfatore di questo voto.

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