Triestina calcio, la resilienza oltre penalizzazioni e malasorte
Il gruppo squadra sta affrontando a testa alta le disavventure societarie ottenendo l’apprezzamento dei propri tifosi

A questa Triestina si potrà forse rimproverare di scialacquare troppi punti a causa di una sterilità frutto di una carenza evidente nel reparto offensivo della rosa, ma di sicuro non si può dir nulla sul piano dell’impegno, del cuore e perfino del gioco.
Non a caso, anche alla fine di partite terminate con una cocente delusione, come quella di sabato con il Trento, il pubblico riserva sempre grandi applausi a una squadra che francamente non è baciata nemmeno dalla buona sorte. È un’Unione che è davvero apprezzata anche dal pubblico nonostante la situazione di classifica, che non dipende certo dai giocatori e dallo staff tecnico. Era apprezzata quella di Marino e lo è altrettanto quella di Tesser. Questo perché, dalle risposte che almeno finora stanno continuando ad arrivare dal campo, si tratta di un gruppo che si è cementato nelle difficoltà.
Non dimentichiamo l’estate passata tra mille incertezze, con una società allo sbando e anche con gli stipendi dei giocatori in discussione. Tutte premesse che, unite alla pesante penalizzazione che poi si è via via fatta perfino più gravosa, destavano comprensibili timori di una squadra agnello sacrificale, senza motivazioni e con la testa già da un’altra parte.
E invece questa Triestina se la gioca, quasi sempre è superiore agli avversari, non è mai stata messa sotto da nessuno e lotta fino all’ultimo secondo, nonostante le difficoltà fisiche anche queste figlie dell’estate disgraziata e del ritardo di preparazione. E tutto questo non era affatto scontato. Chi è rimasto in alabardato quest’estate, che lo abbia voluto per accettare una grande sfida o che lo abbia fatto per mancanza di alternative, era pienamente consapevole fin dal primo momento della precaria situazione societaria e della drammatica classifica con cui bisognava fare i conti.
Eppure fin dalla prima gara si è visto uno spirito di squadra e una combattività che sono andati via via addirittura crescendo in mezzo alle difficoltà. Una sorta di ammirevole resilienza alabardata. Perché è vero che i giocatori si danno da fare anche per la loro carriera futura, ma molto spesso contesti simili portano a spogliatoi sfilacciati dove ognuno va per la propria strada.
Qui invece il gruppo è un blocco unico e trasmette davvero la sensazione che si è partiti credendo nell’impresa e, cosa ancora più complicata, ci si crede ancora. Una voglia matta di miracolo che meriterebbe, oltre agli applausi dei tifosi, di essere premiata anche con il raggiungimento di un obiettivo che sarebbe davvero storico. —
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