A 38 anni addio al basket Michele Mian ha detto stop

di Guido Barella
GORIZIA
«Abbiamo un giocatore da portare in Nazional, MichiMiàn-MichiMiàn» cantava il pubblico del palaBigot. E quel giocatore, MichiMiàn-MichiMiàn, in Nazionale ci arrivò davvero. Oltre 150 partite in azzurro, esattamente 156 dicono le statistiche, e 810 punti, con l’argento alle Olimpiadi di Atene, l’oro agli Europei ’99 e il bronzo a quelli del 2003.
Adesso Michele Mian ha detto stop. A 38 anni lascia la serie A di Cantù e lascia il basket. Torna a casa con Cristina, la ragazza di Gorizia diventata sua moglie, e i loro due bambini, e non giocherà più. Basta, stop. Ieri, sul sito della Bennet Cantù, l’annuncio: «Dopo una lunga e sofferta riflessione, pur avendo avuto la possibilità di rimanere alla Bennet Cantù, ho deciso di lasciare il basket giocato - scrive Mian -. Ho sempre pensato che avrei abbandonato il parquet in silenzio, giocando la mia ultima partita in campionato, ma troppi sono gli amici, tifosi e compagni di squadra che in questi mesi mi hanno chiesto se avrei continuato a giocare. Arrivato a questo punto della mia carriera, ho deciso di percorrere altre strade privilegiando la vicinanza alla mia famiglia. La pallacanestro è stata per 27 anni la mia grande passione, mi ha dato tanto non solo come giocatore ma ha anche permesso la mia crescita personale. Per questo, se ne avrò l’opportunità, mi piacerebbe restituire al mondo della pallacanestro almeno una parte di ciò che mi ha insegnato».
Michi Mian era arrivato a Gorizia dalla sua Aquileia che aveva 14 anni. Scuola all’Iti, informatica, pranzo veloce da Guido Malfatti, al Cavallino, allenamenti in palestra. A 16 anni è già nel giro della prima squadra e con Gorizia sale in A2 e poi in A1 e rimane fino a che Raida non vende i diritti dell’A1 a Pesaro. Con i diritti, in riva all’Adriatico ci va anche lui, Michele, l’unico giocatore di serie A senza procuratore, l’unico giocatore di serie A non aver mai rilasciato un’intervista, l’unico giocatore di serie A che da ragazzo in vacanza andava in giro in kajak invece che in discoteca. L’unico giocatore di serie A che tutti, ma proprio tutti gli allenatori avrebbero sempre e comunque voluto con sè: serio ma non serioso (nonostante quella barbona bionda per la quale qualcuno nell’ambiente lo chiamava l’alpino), gran lottatore, buon tiratore, eccellente difensore.
Gorizia, Pesaro, Udine, Rieti, Veroli, Cantù. E ora si torna a casa. Ma non per giocare a basket, anche perché il basket, da queste parti non c’è quasi più. E quel coro che riecheggia nelle orecchie («MichiMiàn-MichiMiàn) è adesso ancor più lontano. Bentornato a casa, MichiMiàn. E grazie di tutto. Anche se non hai mai voluto parlare con noi...
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