Addio al maestro Astolfi, ha insegnato a nuotare a mezza Trieste

TRIESTE. Quando rottamarono la piscina Bianchi di Trieste, quella “originale”, sulle Rive, in molti se l’erano immaginato a starsene lì dentro, a macinare nella vasca deserta quel suo crawl così elegante, accademico, d’altri tempi, mentre il tempio del nuoto triestino del ventesimo secolo veniva giù sotto la forza delle ruspe giganti. Un po’ come il leggendario pianista sull’oceano mentre la nave su cui ha suonato per tutta la vita viene affondata. Ovviamente Sergio Astolfi, conosciuto ai più come “il maestro Astolfi”, allora se ne stava a casa, ben lontano dai ruderi della piscina spedita in pensione.
Ma la metafora che lo voleva dentro, mentre i calcinacci piovevano, calzava allora. E calza oggi che lui non c’è più. Se n’è andato a 86 anni e mezzo, tre quarti dei quali dedicati allo sport, e in particolare all’amore più grande: il nuoto. Ne fu una promessa da adolescente, al crepuscolo della Seconda guerra mondiale che gli portò via un fratello, partito diciassettenne per Salò e mai più tornato a Trieste, con cui era solito sfidare le onde fuori stagione all’Ausonia per allenarsi.
L’altra passione che gli riuscì bene fu il calcio: militò, per dirne una, nel “campionato riserve” dell’Unione di Rocco con un certo Cesare Maldini, servolano come lui. Fu però l’amore rimasto nel sangue verso il nuoto che trasmise prima ai figli e poi ai figli dei suoi figli (la nipote Elisa nel ’96 è stata campionessa italiana a livello giovanile) ma non solo a loro: Astolfi, infatti, fu il trainer di una Triestina Nuoto che, negli anni Sessanta e dintorni, aveva sfornato talenti su talenti.
Potrebbe essere ricordato ad esempio come l’allenatore che lanciò Franco Del Campo alle finali olimpiche di Città del Messico. Era il ’68 e quel giovane campione credeva anche in un mondo che cambiava sotto la spinta dei movimenti studenteschi. Lui, come ricordava già anziano molti anni più tardi, a volte doveva rincorrerlo e ricordargli di tenere occhi e testa pure sugli obiettivi agonistici. Ma parlare solo di questo sarebbe poco.
Con lui hanno imparato a nuotare centinaia di triestini, anzi migliaia. Mezza Trieste, se vogliamo. Perché dopo aver fatto il tecnico dei grandi trovò la sua dimensione nel fare il maestro dei bambini, attività portata avanti fin alla soglia degli ottanta, quando le forze iniziavano a scemare.
Ma anche quando i sessanta erano passati da un pezzo, lo potevi vedere ancora in acqua a bicilettare come un pallanotista, tenendo a galla tre marmocchi con un braccio e altri tre con l’altro. Non era tenero con i capricciosi, ma si scioglieva quando riusciva a trasformare i loro pianti in sorrisi. L’ultimo saluto è per giovedì alle 11.20, in via Costalunga. Ci sarà di certo pure più di qualche ex bambino che ha imparato a dominare l’acqua grazie a lui. (pi.ra.)
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