Agassi e Ivanisevic, amici rivali: «Bello il tennis fatto di emozioni»

Di fronte in un’esibizione a Umago a 24 anni dalla finale di Wimbledon. «Abbiamo condiviso anni di partite e sensazioni. Il gioco di adesso? Sono più potenti e veloci ma meno spontanei»
Di Roberto Degrassi

INVIATO A UMAGO. Ci sono partite che durano per sempre.

Estate 1992. Wimbledon. Andre Agassi, che sui prati di Church Road mai aveva incantato nelle edizioni precedenti, è un ragazzo di 22 anni - tanto genio e parecchia sregolatezza - che in finale si trova di fronte un lungagnone croato di un anno più giovane, Goran Ivanisevic. Ne scaturisce una battaglia esaltante, che Agassi vince in 5 set. È il suo primo trionfo in uno Slam.

Estate 2016. Umago. Andre Agassi, 7 tornei dello Slam, un oro olimpico, una famiglia, un’autobiografia di straordinario successo e qualche chilo in più, molti capelli in meno, è ora un signore sereno che ha sconfitto avversari e demoni. Goran Ivanisevic alla fine un Wimbledon è riuscito comunque a vincerlo. Proprio quando era impossibile. Nel 2001, quando da numero 2 al mondo era scivolato al 125 e nessuno avrebbe scommesso un soldo su di lui.

Agassi e Ivanisevic. Ieri sera ancora di fronte, in un’esibizione che ha aperto il cartellone dei Croatia Open. La loro infinita sfida.

Ricorda Agassi: «Prima di Umago, Taiwan. E prima ancora, tante altre volte. Ci sono giocatori con cui si riesce a stabilire un rapporto di amicizia. Avverti la sensazione di condividere le stesse emozioni. Con Ivanisevic è stato così. Wimbledon ’92 è stata una delle mie vittorie più belle. A Londra, prima, avevo rimediato brutte figure ma ero il favorito. Volevo giocarmi la mia chance. Verso la fine del match mi sono imposto di dovergli annullare il servizio. Non pensavo ad altro. Finalmente ho vinto qualcosa e ho visto venirmi incontro questo ragazzino sorridente per farmi i complimenti. Non l’ho mai dimenticato. Mai lo dimenticherò».

«IL NOSTRO TENNIS». Come raccontereste il tennis a chi non lo conosce? «Con una parola: emozioni - risponde Agassi - Stai a venti metri dal tuo avversario, divisi da una rete ma vivi le stesse sensazioni che lui sta provando. Avverti quello che sta pensando e lui capisce quello che provi tu. Posso batterlo solo se gioco meglio. Non ci sono time-out, non c’è nessuno che possa darti un consiglio. Tu sei solo contro l’altro. Siete soli, eppure vicini. E anche se lo odi agonisticamente, non puoi che rispettarlo». Più prosaico Ivanisevic: «Tennis è la bellezza del gioco, la consapevolezza di uno sforzo, sapere che dovrai rompere anche tante racchette per arrivare lontano».

«IL TENNIS DI ADESSO». Nell’individuare le differenze tra il tennis del loro periodo e quello attuale gli scambi tra Agassi e Ivanisevic si fanno più intensi.

Serve Andre: «Sono cambiate le racchette, è cambiato l’equipaggiamento. Quando giocavo io colpire troppo forte era un rischio, non sapevi che direzione avrebbe preso la pallina, adesso colpire forte è indispensabile. È cambiato il ritmo delle partite, l’Agassi che ricordate oggi avrebbe seri problemi».

Risponde Ivanisevic: «Sono completamente cambiati gli strumenti ma anche i protagonisti. I giocatori di adesso sono più potenti, più veloci. Ma mi piacerebbe vedere scuole diverse che si affermano. Stati Uniti, Svizzera, Spagna e Serbia si sono presi tutto negli ultimi 20 anni...».

Insiste Agassi: «Ai nostri tempi emergeva di più la personalità dei giocatori. Io e Goran in campo eravamo concentrati ma ci permettevamo di vivere i nostri stati d’animo. Adesso le emozioni vengono avvertite come delle distrazioni e non una forza». Ribatte Ivanisevic: «Bei tempi i nostri ma erano tempi differenti. Ora è tutto così preciso, le relazioni interpersonali sembrano meno importanti. Ma ci sono anche diverse pressioni: quando giocavamo noi magari un errore nella concitazione della diretta tv non veniva notato. Adesso un errore viene visto, rivisto su Youtube, analizzato sui blog, commentato sui social...»

«OPEN». Agassi, nella sua autobiografia ha scritto di aver odiato il tennis. «In quel libro è stato inventato tutto...Scherzo. Quand’ero un ragazzino non ho potuto scegliermi la vita: dovevo allenarmi, diventare un campione, eccellere. Tutto era in funzione di quel risultato. E di conseguenza ho cominciato a odiare il tennis. Nella mia carriera ho provato di tutto: ero il numero 1 ma mi sentivo come se fossi stato il n. 140, non avevo motivazioni. A un certo punto ho cercato di trovare un motivo per cui dovessi giocare ancora a tennis e alla fine ho capito che il mio è stato sempre un rapporto di amore-odio. Ho capito anche quando era il momento di dire addio. Nel 2006. Ho guardato negli occhi mia moglie (Steffi Graf, ndr) e ho rivissuto in pochi istanti la mia carriera».

«NOI OGGI». Agassi centellina le esibizioni. «Il mio corpo non regge tanti sforzi. Gioco con mia moglie, è Steffi che vuole tenersi in esercizio. Continuo però a girare il mondo. E adesso che ho visto l’Istria magari ci torno il prossimo anno, per visitarla in barca».

Ivanisevic ha invece il privilegio di vedersi intitolare un impianto sportivo. Da ieri gli è stata dedicata infatti l’arena di Umago. «In passato la gente si arrabbiava con me quando perdevo. Adesso chi perderà su questo campo continuerà a maledirmi visto che porta il mio nome. Insomma, continuerà a essere sempre e comunque colpa mia».

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