Armen Petrosyan è italiano, «si realizza un sogno»

Il giuramento a Milano: ora il kickboxer potrà difendere il titolo mondiale Iska da atleta tricolore
Di Stefano Bizzi

GORIZIA. Con il giuramento prestato ieri in municipio a Milano, ora anche Armen Petrosyan è italiano a tutti gli effetti.

Il kickboxer nato in Armenia il 6 novembre 1986 è arrivato a Gorizia nel 2000 e, come il fratello maggiore Giorgio, ha sempre combattuto sui ring di tutto il mondo difendendo il tricolore. Se però prima aveva conquistato il titolo mondiale Iska come “italiano tra virgolette”, ora quelle virgolette non servono più e la prossima volta che sarà chiamato a difendere la cintura lo farà da “italiano vero”. Quella cittadinanza che fino a oggi era mancata, ora c’è.

«È un sogno che si realizza» racconta con la voce emozionata Armen uscendo da Palazzo Marino. Nel sottolineare che non dimenticherà mai le proprie origini armene, il fighter ricorda però di quando da bambino nella sua cameretta sognava di trasferirsi in Italia. «Ero tifoso della Juventus e di Del Piero e volevo venire qui. È da quando avevo 12 anni che aspetto questo momento. Di solito, prima dei combattimenti dormo senza problemi; questa notte, invece, non ho chiuso occhio e non era certamente per il caldo. Ero emozionato e mi batteva forte il cuore: avevo appuntamento alle 10, ma non potevo resistere, così alle 9 ero già fuori dalla porta del Comune ad aspettare il mio turno».

Amici e tifosi ieri lo hanno tempestato di messaggi di congratulazioni. Nel ringraziare quanti in un modo o in un altro lo hanno aiutato, si è però soffermato sui nomi di chi, a vario titolo, si è interessato più da vicino della sua pratica: da Daniela Maizeni a Moreno Luxich, dal presidente del Coni regionale Giorgio Brandolin al sindaco di Gorizia Ettore Romoli fino alle impiegate della Prefettura. Non ultimi, ha ringraziato il maestro Alfio Romanut e la moglie Rossana per avergli fatto da garanti. Lunedì arriverà la carta d’identità e, a quel punto, Armen potrà chiedere anche il passaporto.

«Finalmente non avrò più problemi con i documenti. A metà settembre devo andare in Irlanda per tenere uno stage e con il permesso di soggiorno sarebbe stato tutto molto più complicato: avrei dovuto chiedere il visto e ci sarebbero volute diverse settimane per ottenerlo. Se capiterà, ora potrò andare a combattere anche in Cina». Il riferimento è a quanto accaduto nel luglio di due anni fa: non aveva potuto prendere parte al Kunlun Fight World Max 2014 cui era stato invitato perché le autorità di Pechino non avevano riconosciuto i documenti da lui presentati in ambasciata. Il visto gli è stato negato anche quando in Cina a combattere era andato il fratello Giorgio, a cui la cittadinanza è stata riconosciuta già nell’ottobre di due anni fa.

Per il momento però all’orizzonte non ci sono impegni internazionali. «Mi avevano proposto un incontro in Russia a settembre, ma ho rifiutato perché ho deciso di riposare bene prima di risalire sul ring. Non ho fretta di combattere. Ad agosto sospendiamo i corsi della palestra e ne approfitterò per ricominciare ad allenarmi con mio fratello. Forse potrebbe saltare fuori qualcosa a ottobre, altrimenti aspetterò la serata del 10 dicembre a Firenze targata Bellator. La difesa del titolo Iska? Non dipende da me, ma non è importante quando sarò chiamato a combattere, è importante che sarò al 100% italiano».

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