Basket, il primo cartellino a nemmeno dodici anni

Comuzzo: «Il parametro fisso agevola anche la collaborazione tra le società» Cumbat: «Quando Diviach ha compiuto 21 anni, Ozzano ha pagato il primo club»
Foto BRUNI trieste 19 09 04 Basket TS-Marco Diviach
Foto BRUNI trieste 19 09 04 Basket TS-Marco Diviach

di Lorenzo Gatto

TRIESTE

Il primo cartellino per un baby giocatore di basket viene firmato prima dei dodici anni.

La rivoluzione nel mondo del basket giovanile arriva nel 2006 anno nel quale la Federazione Italiana Pallacanestro introduce l'obbligo del tesseramento per gli atleti nati dopo il 1995 e lo svincolo degli stessi al reggiungimento del ventunesimo anno d'età fissando contestualmente i parametri da riconoscere alle società che per prime lo hanno tesserato.

LA NORMA Una normativa voluta per regolamentare l'attività dei settori giovanili rendendo omogeneo il trattamento dei mini atleti e grazie a essa rendere più agevole il trasferimento dei giocatori. Una problematica, quella della gestione dei cartellini da parte delle società, esistente nel sottobosco del basket italiano che per quanto riguarda la realtà triestina non ha tuttavia mai creato particolari problematiche.

LA COLLABORAZIONE Con l'arrivo di Matteo Boniciolli e la creazione del pool che da qualche stagione lavora per coordinare lo sviluppo del basket triestino coinvolgendo diversi club cittadini - ma a dir la verità l’intesa esisteva, se non ufficialmente, anche negli anni precedenti - la collaborazione tra le società ha consentito ai ragazzi massima libertà di movimento. «E' una sensazione che ho avuto sin dal primo momento in cui ho iniziato a lavorare a Trieste - è il giudizio del responsabile del settore giovanile dell'Acegas Stefano Comuzzo - Ho trovato grande collaborazione e ho fatto la conoscenza di società nelle quali l'interesse primario è sempre stato quello di soddisfare i bisogni e sposare le esigenze dei ragazzi. In questo senso credo che l'introduzione del parametro fissato dalla federazione abbia facilitato le cose ridando importanza e dignità al lavoro dei settori giovanili. In tanti anni dedicati allo sviluppo del basket giovanile devo dire che raramente mi è capitato di trovare opposizione al trasferimento di un ragazzo da una società a un'altra».

«Certo, può capitare ma credo sia sempre controproducente perchè obbligare un giocatore, in qualunque serie militi e a maggior ragione da giovane, a restare in un posto nel quale non si trova bene, significa rischiare di perderlo». Il parere di Comuzzo rappresenta un confronto attendibile in quanto il tecnico in passato ha lavorato anche nel settore giovanile della Snaidero Udine.

L’ESEMPIO Il concetto del responsabile del movimento giovanile della Pallacanestro Trieste viene ripreso da Franco Cumbat, deus ex machina dell'Azzurra, la società triestina che rappresenta il fiore all'occhiello del basket giovanile giuliano. E’ dalle file dell’Azzurra che sono stati prodotti molti atleti che adesso militano in numero si club della regione. «Credo di poter dire senza paura di essere smentito che la politica della nostra società sia sempre stata quella di seguire la volontà dei nostri ragazzi. Faccio sempre l'esempio di Marco Diviach che dopo essere stato da noi ha scelto il Don Bosco per passare successivamente alla Pallacanestro Trieste e quindi a Ozzano nell’Emilia. (Diviach attualmente è nel roster della Bennet Cantù in serie A, ndr). Al compimento del 21esimo anno d'età - conclude Cumbat - la società emiliana ci ha versato il parametro fissato dalla federazione. Con un'altra gestione del cartellino del giocatore avremmo forse potuto ottenere di più ma, ripeto, la nostra priorità è e sarà sempre quella di accontentare i nostri atleti». (2 - segue)

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