Biasin: "Nel cuore ho la Triestina"

TRIESTE. Davanti all’hotel che lo ospita è attraccata la solita nave bianca da crociera che fa tappa ogni sabato a Trieste. Sessantadue anni fa su quello stesso molo c’era un’altra nave bianca. Non era una nave stile disneyworld e chi ci saliva non aveva la prospettiva di una settimana di sollazzi. Migliaia di triestini abbandonavano la città natale per cercare un futuro. Mario Biasin, con il papà Archimede e famiglia, aveva solo tre anni. Era il 15 marzo del 1954 e dopo un lunghissimo viaggio a bordo della Castel Verde, il futuro la famiglia Biasin lo ha trovato. A Melbourne. E Mario assieme a uno dei suoi quattro figli mercoledì è partito da Melbourne per vivere il presente che lo riporta alla radice della Stazione Marittima. E soprattutto per regalare un futuro alla Triestina. Impresa non facile come non è stato facile ricominciare una vita partendo dalla baracca trovata a Bonegilla camp.
«Mio padre a Trieste aveva un laboratorio fotografico e lavorava per gli americani. In Australia all’inizio continuò a fare le fotografie ai profughi che arrivarono fino al ’61 - racconta Biasin -. Poi andò a lavorare in una fattoria e finalmente potemmo vivere in un appartamento. Ma il bagno e la cucina lo condividevamo con altre due famiglie». Mario da ragazzo si mise a studiare (economia) e a lavorare e si lanciò nel mondo delle costruzioni.
«Oggi la Metricon homes è un’azienda ben avviata. Abbiamo costruito 4.500 case tra Melbourne, Sidney e Brisbane». Ma la passione per il calcio e per la Triestina ha una radice che parte dal padre di Mario. «L’anno prima che mio papà ci lasciasse siamo stati in Germania a vedere il Mondiale. Abbiamo seguito tutta la fase eliminatoria dell’Australia fino all’eliminazione in quel match rocambolesco con l’Italia. E poi mio padre a metà degli anni 60’ fu anche il tesoriere della Triestina fondata dai triestini in Australia». Da un’Unione a quello che resta di questa Unione che ha bisogno di una rinascita.
«A metà anni cinquanta almeno altri ventimila triestini hanno fatto il percorso da migranti della mia famiglia. Avevano tutti dai venti ai trent’anni. La città ha perso un’intera generazione che invece in Australia ha lavorato sodo e ha raggiunto un certo benessere. Mi sembra giusto a questo punto della mia vita dare una mano alla mia città. Sono sicuro che papà Archie ne sarebbe orgoglioso». Ma Mario Biasin oltre a essere un “business man” nel campo dell’edilizia da dieci anni si occupa anche di calcio. Il suo Melbourne Victory è una delle dieci squadre che disputa la High League australiana.
«Da noi il calcio non attrae come il soccer australiano ma negli ultimi anni sta prendendo piede - continua Biasin -. Noi, dopo dieci anni di lavoro, adesso abbiamo 27 mila abbonati e nelle partite clou giochiamo nell’arena più grande di Melbuorne che ha una capienza di oltre 90 mila spettatori. Tre anni fa abbiamo ospitato il Liverpool in torunèe (con sold out ndr) e quest’estate avremo la Juventus e l’Atletico Madrid. Se i giocatori di Simeone vincessero la Champions sarebbe il massimo». E quindi presto potrebbe arrivare anche la Triestina. «Sì ma dobbiamo salire un po’ di livello».
Il progetto del Melbourne Victory è stato pensato e strutturato in modo tale da far quadrare i conti. «I nostri competitor sono il Melbuorne City della famiglia Mansur (gli arabi del Manchester City ndr). Loro possono spendere quello che vogliono, noi invece dopo dieci anni siamo riusciti anche a fare un po’ di utili». Ma qual è il segreto del modello Victory? «Avere un board fatto di persone competenti e che sappiano comunicare tra loro. E poi saper lavorare con i giovani che anche in Australia cominciano a essere interessati al football. Questo è il progetto che vogliamo portare avanti anche a Trieste. Mauro Milanese (il cugino) ha la mission di strutturare la società in modo professionale, di sviluppare un legame stretto con il territorio e con buone relazioni con la tifoseria che è una grande ricchezza della Triestina». Milanese è il braccio operativo di questa impresa. «L’ho visto giocare nella Triestina quando era nella Primavera. Ricordo di essere stato in tribuna a Treviso e poi ho visto giocare Mauro al Grezar. Lo ho sempre seguito quando poi ha calcato i campi di serie A. Mauro ha l’entusiasmo e l’esperienza per fare bene sperando che la città ci aiuti. Dobbiamo avere i campi dove allenarci e far crescere i giovani».
Trieste ha fame di risultati e ha fretta dopo tante delusioni ma Biasin nella presentazione di venerdì è stato chiaro: serve un progetto di medio-lungo termine e bisogna avere pazienza senza mai perdere l’entusiasmo. Del resto Biasin ha aspettato sessantaquattro anni per tornare nella sua Trieste non da visitatore, parente o turista ma per dare un contributo concreto alla squadra del suo cuore e del cuore dei suoi concittadini.
Ma quanto può durare la pazienza? «Pazienza sì ma dovemo anche cominciar a vinzer» chiude mister Mario. Parole sacrosante. Un augurio per la partita di oggi e per quella (si spera) del play-out. Buttare via un anno di progetto non è una disgrazia ma è meglio evitarlo. Biasin martedì tornerà ai suoi impegni australiani. Con un comodo anche se lungo volo (assieme al figlio Janson). Il viaggio con la Castel Verde è lontano ma resta nel sangue. «A settembre torno con mia moglie che è australiana ma innamorata di questa città. Voglio vedere un match dell’Unione in serie D».
L’auspicio di Biasin è l’auspicio di tutto il popolo alabardato. Good-bye. Good luck.
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