Charly Petelin, il futuro del ciclismo triestino

Il corridore ventenne è appena passato professionista con l’Area Zero e adesso aspetta anche il fratello diciottenne Jan
Di Luca Saviano

«È come laurearsi all’università del ciclismo. Basta indossarla anche solo per un giorno per entrare nella storia di questo sport».

Charly Petelin non ha dubbi, la maglia rosa non serve solo a distinguere chi guida la graduatoria del Giro d’Italia. Il suo valore trascende la classifica finale della corsa, specie se a indossarla è un atleta italiano. L’epica delle due ruote si nutre anche di questi miti, alimentati da decenni di battaglie lungo le strade dello Stivale. Se in occasione dei Campionati mondiali di calcio, ogni quattro anni, il Paese può vantare 60 milioni di commissari tecnici, durante le tappe del Giro diventiamo tutti un po’ Moser, Pantani e Pozzovivo, a seconda della propria età anagrafica.

A confermarlo è lo stesso Petelin, il ventenne triestino che da quest’anno è entrato nel mondo del ciclismo professionista, indossando i colori dell’Area Zero Pro Team. In questa prima parte di stagione ha risposto presente alle chiamate del tecnico della squadra Massimo Codol, prendendo parte a sei importanti competizioni in giro per l’Europa. Non si è ancora messo in evidenza in qualche fuga di giornata, ma ha portato il suo prezioso contributo al resto della squadra, sulla scia degli esperti Paolo Ciavatta e Andrea Pasqualon.

«I tecnici sono contenti delle mie prestazioni – spiega Petelin dalla sua nuova casa di San Pietro di Feletto, in provincia di Treviso - , ma questo è, ovviamente, soltanto l’inizio. La strada è ancora lunga. Il salto dal mondo dei dilettanti è davvero enorme e nelle prime uscite ufficiali mi sono accorto di quanto sia alto il livello degli atleti che incontro nelle competizioni».

Il Giro d’Italia di quest’anno chiuderà i battenti nella sua Trieste, anche se la famiglia Petelin ha incontrato la carovana rosa già nel corso della 17.ma tappa, quella che da Sarnonico ha condotto i ciclisti al traguardo di Vittorio Veneto, dopo 208 chilometri di fatiche.

«Come tutti gli appassionati seguo anch’io il Giro in televisione – racconta il giovane triestino – al termine di ogni uscita in bicicletta». Petelin, infatti, macina una media di 700 chilometri alla settimana. Terminato l’allenamento, però, non può mancare all’appuntamento con la tappa di giornata. «Questa si sta dimostrando un’edizione particolarmente combattuta – spiega - e ne vedremo delle belle fino alla fine».

Petelin non si sbilancia in pronostici, anche se individua con sufficiente sicurezza quella che, a parere di molti, sarà la tappa decisiva. «La classifica si deciderà sulle salite che portano allo Zoncolan, il giorno prima della tappa che porterà i corridori a Trieste».

Petelin ricorda ancora la volta in cui, insieme al padre Max, raggiunse Sagrado del Carso per assistere alla cronometro del Giro, vinta allora dall’ucraino Honcar. Era il 2004, Petelin aveva 10 anni e pedalava incontro a due sogni: diventare professionista e prendere parte al Giro d’Italia. «Il primo sogno sono riuscito a realizzarlo – sorride - , mentre per il secondo ci sto ancora lavorando». Il passaggio dai dilettanti al mondo delle grandi corse è difficile, ma non impossibile. Lo testimonia lo stesso corridore Fabio Aru, ventitreenne sardo che in questo Giro ha messo in mostra tutto il suo talento. «Fino al 2012 Fabio ha corso nella Palazzago Bergamo – ricorda il triestino – la stessa squadra nella quale ho militato, nel 2013, prima di passare nella Area Zero. Mentre io arrivavo a Bergamo, Aru è finito alla Astana, facendo vedere subito le sue grandi doti da scalatore».

La strada per conquistare il Giro, insomma, si presenta in salita per il ventenne Petelin che, dalla sua, può vantare un buon curriculum da passista-scalatore. Sulle orme di Charly, intanto, si intravede anche il talento del fratello Jan, diciottenne in forza alla Danieli Buttrio, fresco campione regionale della cronometro individuale. I due potrebbero portare il nome di Trieste sulle strade del grande ciclismo internazionale, seguendo la scia dei fratelli Frank e Andy Schleck, con i quali condividono il luogo di nascita, il Lussemburgo, Paese natale della madre dei fratelli Petelin, signora Miriam.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Il Piccolo