Crisi Triestina, Gorgone: «Spendere tanto non basta»

L’ex alabardato, quest’anno a Lucca con un club in crisi quasi come l’Unione: «Salvezza miracolosa e inutile, a Trieste spero non finisca così»

Antonello Rodio
Giorgio Gorgone in azione con la maglia rossoalabardata
Giorgio Gorgone in azione con la maglia rossoalabardata

Giorgio Gorgone ha vissuto per 7 anni con la maglia alabardata addosso, dal 2005 al 2011 da giocatore, poi un’altra stagione come allenatore della Berretti. Inevitabile il suo affetto per la Triestina. Curiosamente quest’anno sulla panchina della Lucchese ha vissuto una vicenda simile all’Unione: difficoltà societarie, una salvezza sul campo che assomiglia un’impresa e il reale pericolo che sia stato tutto inutile.

Gorgone, quante analogie fra Lucchese e Triestina: che ne pensa?

«Ci accomunano le penalizzazioni e anche le assicurazioni che la salvezza sul campo sarebbe stata decisiva, ma in realtà le due situazioni sono molto diverse».

In che senso?

«Perché a Trieste una società c’era, anche se sono emersi poi problemi inaspettati, da noi invece da mesi c’era il nulla assoluto. Da quando si era defilato il presidente che tra l’altro è mancato proprio in questi giorni, non abbiamo avuto nessuno. Ci hanno detto che in caso di salvezza c’erano possibilità di sistemare tutto, e invece a meno di miracoli è quasi finita».

A maggior ragione la vostra salvezza ai play-out è stata un’impresa, vero?

«La squadra è stata strepitosa, di solito i veterani hanno un grado di sopportazione diverso per certe situazioni, non hanno l’entusiasmo dei ragazzi, invece sono stati bravi, seri e professionali. Si sono turati il naso e hanno spinto alla grande tra sacrifici, difficoltà nelle trasferte e a livello personale, ma con l’aiuto dei tifosi ce l’abbiamo fatta. Quella che tanto la fideiussione copre tutto è una leggenda, non è così, lo fa solo in piccola parte. È stata un’impresa che però salvo miracoli non è servita a niente».

Già nel 2012 aveva vissuto dall’interno un fallimento alabardato: ma perché Trieste si trova spesso in queste situazioni?

«Io penso che a Trieste come in altre piazze blasonate, si sottovaluti un po’ la complessità dell’azienda calcio. Tutti pensano che ruoti solo attorno a un pallone da calciare, ma è un’azienda più complicata delle altre, ha bisogno di velocità maggiore nelle decisioni e nelle valutazioni, ha bisogno di investimenti, gestione oculata e programmazione».

E poi dipende molto dai risultati.

«Ma la palla è rotonda, non c’è una regola, i risultati sportivi non li assicura nessuno. Ma se le scelte di base sono fatte bene, si possono evitare che le situazioni degenerino. Spendere tanto non basta, a Trieste è stato così, se non fai le cose in maniera oculata finisce male. Perché i risultati possono anche non arrivare, ma devi comunque essere in grado di sostenere il tutto. Servono regole più ferree, così il calcio lo farà solo chi può farlo».

Ha seguito il percorso della Triestina sul campo?

«Certo, ha fatto un’impresa importante viste le condizioni e considerato dov’era prima dell’arrivo di Tesser. Anche l’arrivo di Delli Carri ha dato una mano importante. Peccato ora per questa situazione».

Ma lei ha avuto nel passato recente contatti con la società alabardata?

«Diciamo che contatti e abboccamenti in questo biennio ci sono stati, qualche valutazione è stata fatta. Però sempre in corsa, io ero alla Lucchese e quando prendo un impegno è giusto mantenerlo».

Le piacerebbe un giorno allenare la Triestina?

«Ovviamente, Trieste è la città dove mi sono fermato per più tempo, fra giocatore e allenatore sette anni. Lì ho cominciato ad allenare, anzi all’inizio era stata ventilata la possibilità di affidarmi la prima squadra in serie B. Alla Triestina sono molto affezionato, l’ho sempre seguita negli anni e lo faccio tuttora».

Vista l’impresa con la Lucchese, le offerte però non dovrebbero mancarle.

«Al momento ho staccato un attimo. Per i prossimi impegni dovrò valutare bene se le cose sono fatte in certo modo e con un certo senso. Servirà molta chiarezza in partenza».

Riproduzione riservata © Il Piccolo