Gagliardi: «La salvezza in qualsiasi modo»

Parla il nuovo tecnico della Triestina: «L’obiettivo è difficile. Il modulo? Farò giocare chi caratterialmente dà più garanzie»
Di Antonello Rodio
Silvano Trieste 07/04/2015 Gianluca Galiardi, nuovo allenatore della Triestina
Silvano Trieste 07/04/2015 Gianluca Galiardi, nuovo allenatore della Triestina

TRIESTE. Calabrese, 45 anni il prossimo agosto, Gianluca Gagliardi è il terzo allenatore della stagione sulla panchina della Triestina dopo Lotti e Ferazzoli. Spetta a lui, adesso, cercare di portare l’Unione alla salvezza.

Gagliardi, con che spirito si arriva da Cosenza, a cinque giornate dalla fine, per salvare la Triestina?

«Quello di salvarla è l’unico motivo per il quale sono qua e che mi ha spinto a lasciare casa e lavoro per venire a Trieste: solo per il piacere di questo sport e il fascino di questa piazza».

Trieste resta una piazza importante dopo gli ultimi anni?

«Una bella donna rimane sempre una bella donna anche con qualche ruga in più. Chi fa calcio a questi livelli non può perdere l’occasione di venire a Trieste: anche se dista 1200 km, per gli stimoli che dà è preferibile a soluzioni più comode. Io ho avuto il piacere di allenare nella mia città, cosa ancora più difficile perché nessuno è profeta in patria, ottenendo buoni risultati. Ma quello che conta sono gli stimoli, a questi livelli non lo si fa né per gloria né per soldi, anche perché in giro non ce ne sono».

Come mai, dopo l’ottima stagione da esordiente sulla panchina del Cosenza, poi è rimasto fermo?

«Fortunatamente ho un’attività, avevo un altro figlio in arrivo e non potevo allontanarmi da casa, anche se avevo delle richieste. Anzi, lo stesso discorso con la Triestina era stato accennato ad agosto ed era tornato a dicembre. Se si è concretizzato solo adesso, non è perché si era giunti alla disperazione, ma perché finalmente potevo muovermi».

Come è stato il primo impatto con la squadra?

«I ragazzi erano dispiaciuti per Ferazzoli, al quale dò il mio abbraccio simbolico: gli allenatori pagano sempre per demeriti non propri, era successo anche a Lotti. Ma ora mancano 5 giornate, non serve piangersi addosso, in qualsiasi modo deve arrivare la salvezza».

E la Triestina può farcela?

«Il mio augurio è che al di là di polemiche e contestazioni che non devono intaccare la squadra, tutti capiscano che bisogna marciare uniti verso l’obiettivo. Siamo tutti di passaggio, la Triestina rimane. E mi auguro per il bene di questa stupenda città e del suo pubblico, che la squadra possa salvare la categoria e in futuro avere ambizioni importanti».

Sul piano tattico ha qualche modulo di riferimento?

«Le regole degli under in questa categoria condizionano tutto, inoltre abbiamo tante defezioni tra infortuni e squalifiche. Giorno per giorno ne saprò di più e alla fine il modulo lo faranno i giocatori: andrà in campo chi mi darà garanzie caratteriali. Questa è una maglia pesante e serve personalità: se manca, a volte le capacità rimangono inespresse. Io sergente di ferro? Qualcuno lo dice. A me piace soprattutto inculcare la mentalità vincente, ma prima ci sono sacrifici da fare».

Inevitabile che molti ricordino la sua aggressione a Da Dalt di due anni fa: cosa dice di quell’episodio?

«Mi dispiace che qualcuno si diverta a mettere in evidenza quello che rimane un episodio spiacevole, ma senza sapere come stanno le cose e dando risalto solo a delle immagini dalle quali sembra ci sia un’aggressione che tale non è stata. Anzi, il ragazzo e i suoi dirigenti sono venuti a chiedermi scusa. Ma non ha importanza, è un episodio spiacevole già chiuso e sepolto, che non c’entra nulla col calcio».

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