Gautieri: «Ripartiremo e saremo tutti più forti»

L’allenatore della Triestina: «L’emergenza non è certo quella del calcio. Vivremo la vita e lo sport in modo più autentico»



TRIESTE. Quarant’anni fa nella sua Napoli da bambino con mamma e papà, oggi a Trieste da uomo lontano dalla famiglia. Il terremoto è altra cosa dalla pandemia, ma è comunque un fatto che ti capita addosso all’improvviso e in pochissimo tempo modifica vita, abitudini. Mette a dura prova equilibri che sembravano scontati. Carmine Gautieri rivive in qualche modo un’esperienza dolorosa di massa.

«Il terremoto è una sciagura diversa. Più immediata, più impattante per chi si trova in quel momento in quel luogo. Nell’’80 la scossa ci aveva portato via la casa e io e la mia famiglia abbiamo vissuto per quattro anni in un container. La sensazione che avverto oggi come ieri è la paura che leggi negli sguardi delle persone. Ma è anche vero che così come quella volta vedo quella reazione, quella voglia di aiutarsi anche a distanza, che è tipica del nostro popolo. E così ne usciremo. In questi momenti capisci quali siano i veri valori e come possano mancarti in breve tempo. Diventeremo migliori».

E a Carmine mancano, eccome. Gautieri è a Trieste, chiuso a casa come tutti ma senza i suoi, come peraltro gran parte degli alabardati non triestini. E non è banale affrontare la solitudine.

«Mio figlio Marco è ospite a Firenze della sua fidanzata - dice Gautieri - mentre a casa nostra a Sorrento sono blindate mia figlia Arianna e mia moglie. Io sono qui, esco solo per fare la spesa, e mi sto specializzando in cucina. Così imparo qualcosa di diverso. Anche se il cibo è bello condividerlo. E adesso non si può».

Ma lo sport andava fermato prima?

«Sì, anche se è facile dirlo a posteriori. Chi governa il Paese ma anche lo sport e il calcio mi pare abbia tentennato un po’ troppo. Perché la vita e la salute vengono prima di tutto. Il calcio non è penalizzato perché stanno molto peggio i parenti di chi ha perso la vita, i malati e quelli che hanno dovuto interrompere la propria attività. Queste sono le vere conseguenze del virus. Non lo stop dei campionati»

Lei si attende una ripartenza?

«L’ho già detto, dobbiamo vivere alla giornata. Anzi ora dopo ora. Tutti noi, se tuteliamo al massimo la salute, avremo la possibilità di recuperare. Nono so quando ma so che quando sarà il momento si ripartirà in modo diverso, apporcciandosi alla vita in modo diverso. E questo servirà a fare crescere anche chi fa dello sport la sua professione».

E i ragazzi li sente?

«Sì, siamo sempre in contatto e anche loro aspettano con pazienza. Mi è piaciuto il messaggio on line che hanno lanciato ai tifosi e a tutti i cittadini. Così come è bellissima l’idea di affacciarsi alle finestre, salutare e fare musica dai balconi. Sono segnali che il tessuto collettivo, le comunità, stanno reggendo all’urto nonostante le difficoltà e alla sofferenza con la quale tanti italiani devono fare i conti».

E in più i giocatori come atleti devono cercare di stare in forma.

«Sono seri professionisti oltre che ragazzi e uomini in gamba e sanno quello che devono fare. Del resto non è che possono avere altre distrazioni. Il programma è orientato a mantenere la forza perché sul piano aerobico si potrà lavorare quando ne avremo l’opportunità. Per il momento, anche nel rispetto delle regole, abbiamo preferito evitare le corse all’aperto».

Con che clima vi siete lasciati una settimana fa?

«I ragazzi avrebbero voluto continuare ad allenarsi con tutte le precauzioni che abbiamo preso. Ma non era giusto rischiare. Chi pensava che gli atleti fossero dei superman non aveva capito molto di questa epidemia. E i tanti casi di positività anche tra gli atleti del massimo livello lo dimostrano».

Voi in teoria tra qualche giorno potreste riprendere la preparazione.

«Faremo un summit con Mauro Milanese e Beppe D’Aniello anche perché la situazione generale muta di giorno in giorno. Non si devono forzare le situazioni anche se, quando si riprenderà e se si tornerà in campo, la differenza la farà chi avrà la miglior condizione atletica e la panchina più lunga. Per questo motivo i preparatori avranno una grande responsabilità».

«Ha da passà ’a nuttata» diceva Eduardo nella sua “Napoli Milionaria” martoriata dal secondo conflitto mondiale. Deve passare questa notte con il sole fuori e con il buio che rischia di oscurare l’anima e lo spirito. Non resta che attendere con pazienza e determinazione. E non spegnere la luce.

Riproduzione riservata © Il Piccolo